Vorrei suddividere questo mio intervento in due parti.
Parlare del libro, certamente, ma non omettere il senso del lavoro di scrittore
che Franco Festa ha svolto sin qui, per poter meglio leggere La
scoperta del doppio allinterno di una traccia compositiva che dura da
molti anni.
Il libro intrigante e coinvolgente, per pi di un
motivo. Alcuni elencher subito, altri li lascio alla scoperta del lettore che
cos guster i nodi delle vicende e il lavoro di fantasia di Franco Festa.
Ed unimmagine pu dare una sintesi immediata del
libro. Allinizio della lettura ho
pensato ad un manifesto del 1919, di El Lissitzky, Spezza i
bianchi col cuneo rosso, di chiaro intento politico propagandistico che qui
non interessa. La grafica, denudata dei messaggi e degli intenti politici, si
presenta in modo semplice, come un cerchio totalmente bianco, trafitto da un
cuneo rosso.
Nella placida citt di provincia stride la presenza
estranea e dirompente di un cuneo rosso, Dragan Jalic,
che spezza il sereno spazio bianco
delimitato dalle braccia a cerchio di quattro ragazzi. Dragan spezza e sottrae
una parte del bianco, Giorgio Pennisi, lo trascina con s nel vuoto.
Gabriele Matarazzo il primo testimone del doppio
suicidio ( il doppio del titolo, una parola che allude anche a doppiezza ed
inganno ), ed pure il commissario che comincia unindagine anomala. Nel caso
di un suicidio, lindagine ha un senso nella ricerca di chi avrebbe potuto
indurre allatto; ma in questo caso, chi dei due abbia indotto laltro
domanda inefficace: con le due morti in contemporanea, serve poco continuare a scavare.
La calma perbenista della citt di provincia il muro elastico che fin dai
primi passi Matarazzo trova e si manifesta nelle parole di chi gli chiede di
lasciar perdere, di non domandare troppo, di non riaprire vecchie carte. Il
tempo va utilizzato meglio per altro, altrove.
Eppure bisogna ritornare a Dragan, il cuneo rosso, il
serbo scappato da una guerra, da una famiglia distrutta, che non trova una
nuova casa dove ricostituire una vita e sceglie, per necessit, trascinato dal
fluire dei giorni, il nomadismo di un piccolo circo. Si fermer nella placida
citt, per un inganno definitivo e mortale. Perch questo libro anche la
rappresentazione di amori ingannati, delle debolezze- o di quelle che tali
appaiono - lacerate con malvagit, il libro dove la parola amore viene
violata ed abusata per nominare non il donare ma il possedere, il prendere,
limpadronirsi. Pensare di amare mostrarsi deboli, secondo alcuni dei
personaggi che animano la scena. Finch si tratta di cose ma quando si passa
alle persone, gli esiti possono essere mortali. E, al contrario del messaggio
del manifesto, qui il cuneo rosso non allattacco, ma Dragan subisce il
bianco.
Attenzione al colore: bianco nel doppio non sinonimo di immacolato. I giovani che popolano e
delimitano con le loro relazioni questo spazio bianco, non sono immacolati.
Giorgio, Andrea, Filippo e Rodolfo, si preparano alla loro vita di agiati
rampolli con la costante applicazione di un atteggiamento. E qui troviamo una tensione che il libro
ripropone in tempi e contesti diversi: la tensione del limite, lesercizio di
porsi sul confine tra la regola e larbitrio.
I quattro hanno frequentato il Convitto Nazionale,
dove un tempo, a rafforzare e rendere omogenea lunit di un Paese giovane, si
preparava lՎlite dominante. Listituzione nel tempo del libro gi decaduta, ridotta
ad un guscio retorico, ma consente ai quattro bravi ragazzi di esercitarsi nel
salto delle regole. Come una gang di quartiere, si danno un nome e rubano ai Miserables di Hugo quello di patron Minette, un omaggio beffa al tempo trascorso a scuola, alle
ragazzate architettate con una dose sempre pi alta di disprezzo per cose,
persone, regole. Fino alle violenze che Matarazzo ritrova e rilegge tra vecchie
carte e ricordi di vittime; quelle violenze che la placida citt considera
piccoli, isolati, insignificanti colpi di spillo, non una domestica arancia meccanica.
Larchitettura del libro, lo spazio che teatro della
narrazione, un susseguirsi di cerchi bianchi che si muovono al di sopra del
placido corpo della citt, se ne nutrono senza che quel corpo sussulti. Dei
quattro che non hanno mai sperimentato leffetto delle proprie azioni, abbiamo gi
accennato, ma altri cerchi, altre reti di relazioni, troviamo nel doppio. Di chi sono figli i quattro
bravi ragazzi? Di uomini e donne che di volta in volta fanno cerchio: negli
uffici, nella sanit pubblica e privata locale, nella politica di governo e
nella comunicazione servile, nella immaginaria Banca Verde. Persino in Questura
esistono di questi cerchi, la Questura dove Gabriele Matarazzo ha cercato o
ricevuto in eredit il posto delleterno escluso da certi ambienti.
Cosa alimenta lazione di un cerchio, di queste
persone che incrociando gli sguardi, delimitano un loro e tra loro esclusivo
spazio di movimento, senza badare a quanto accade alle loro spalle, alle
persone al di l del confine stabilito, alle conseguenze delle azioni sul
grande e placido corpo della citt?
Potremmo prendere a prestito un piccolo pezzo degli
studi di Robert Merton, tra i massimi sociologi
statunitensi, studioso del funzionalismo senza per questo giungere a criticare
il modo di vivere degli USA. In poche battute, e con grave danno dei suoi studi
in questa esposizione, Merton sostiene che gran parte delle nostre azioni mettono
a confronto scopi culturali e norme istituzionalizzate. Se scopi e norme non
collimano, ne derivano comportamenti che possono sfociare nella devianza. Per
scopi, si intendono obiettivi legittimi per tutti, costitutivi di una Nazione e
costituzionalmente garantiti: accedere alla ricchezza, al successo, al prestigio
sociale, ai consumi. Solo che occorre seguire delle regole e dei divieti del
gioco, a cominciare dal non rubare. Ai comportamenti che Merton
schematizza (conformit, innovazione, rinuncia, ribellione), vi aggiunge anche
il ritualismo, quando lindividuo non ha pi presente lo scopo che lo anima e
si limita a stare nelle regole: lesempio che il sociologo indica quello del
burocrate, del quieto vivere.
Alcuni dei personaggi del doppio, a cominciare dai genitori della banda dei quattro, sono
animati da quella che possiamo definire come unentusiastica adesione
ritualistica, rafforzata da reciprocit e comunanza di sforzi. Qualunque,
inopportuna incursione avvenga nello spazio dazione del loro cerchio, verrebbe
fermata da carte e decisioni formalmente impeccabili, e dai sottintesi del
successo e del prestigio in societ. In altri termini, nel piccolo mondo della
placida citt, che si vuole non sfiorata dai venti della globalizzazione, n
violata dai professionisti della violenza, mafiosi e camorristi, difesa per dono naturale dalla cerchia
delle colline, ci si allena di padre in figlio allesercizio del potere. Potere,
una parola che non un sostantivo n azione delimitata da regole, ma un verbo
da declinare io posso, tu non puoi noi
possiamo, voi non potete impedire
Ad esempio, Matarazzo non pu impedire, almeno per un
tempo, che la Banca Verde dirotti fondi pubblici o che certi strumenti
urbanistici siano innanzitutto conformi ad interessi di singoli; almeno finch
il cerchio resta saldo. E con un aggravio:
i padri, le madri usano la violenza per raggiungere in modo illegittimo gli
scopi di sempre, o lo scopo che tutto riassume: i soldi. I loro figli, i
quattro della banda di patron Minette, non hanno bisogno
neppure di uno scopo che dia una sinistra razionalit alle azioni: godono di
atti violenti che illuminino e si spengano negli spazi notturni del loro andare
senza meta. Il passaggio generazionale nellesercizio di sfruttamento del
placido corpo della citt di provincia uno dei punti forti del libro, sospeso
tra lappello a fare presto e la testimonianza dolorosa che il tempo gi
trascorso.
Il libro non termina con manette ai polsi dei
colpevoli, con le formule ripetute in tanti film americani, i giudici togati in tribunale e le sentenze da declamare.
Ai suicidi dellinizio seguiranno altre morti, omicidi che rendono necessarie
le indagini di Gabriele Matarazzo. Ma la morte in contemporanea fine e
punizione di azioni deviate, senza una catarsi ed una sanzione sociale, come se
Franco Festa rinunciasse ad una pedagogia della giustizia, alla retorica della
giustizia trionfante che il placido corpo della citt non comprenderebbe,
limitandosi a cambiar posizione e continuare a dormire.
Ed un
ultimo elemento non consolatorio il confronto fra lo spazio urbano e la
campagna, fra i luoghi chiusi e le
strade della citt dove ansie di possesso e disprezzo dellaltrui vita hanno
motivato lagire, e la natura, la campagna arianese dellepilogo. Come in un
inutile, tardivo pentimento, alcuni
dei personaggi ritornano alle origini, alle distese del tenero grano verde, alla
ricerca di una purezza che la vita condotta ha gi sporcato in modo definitivo.
Ma nella carne del libro cՏ dellaltro. E sono novit.
La pi evidente la presenza, accanto a Gabriele Matarazzo, di Mario Melillo,
il commissario in pensione che aveva animato i precedenti libri di Franco
Festa. Come in un passaggio di testimone, entrambi hanno deciso di costituire
un cerchio a parte, scegliendo come spazio di riflessione il centro storico, la
parte della citt meno abitata, vissuta nellabbandono del dopoterremoto,
perch a padri e figli, quelli dellaltro cerchio, interessano altri affari, altre parti
del corpo della placida citt. E resta nella scrittura di Franco Festa il non
detto di una sorta di voto di castit: Melillo e Matarazzo, nonostante gli
amori vissuti con Lucia e Licia, non possono mettere su famiglia, riprodurre
nei figli comportamenti , scopi, regole, pena il dilemma di confondersi con ci
che in una placida citt dovrebbe essere socialmente riprovevole, prima che
penalmente rilevabile. Due creazioni letterarie per un solo vivo ricordo: il
corpo smagrito dellultimo vero Gabriele in Mario Melillo vestito di bianco,
bianchi i capelli; il parlare stizzito, ammalato, in lotta con la vita del
commissario Matarazzo.
La seconda, densa novit, consiste nellessere il
libro ad un punto di svolta della produzione di Franco Festa. Franco Festa ha cominciato nel 2005 con Delitto al Corso e in otto libri con
questo, il nostro scrittore ha ripercorso alcuni dei momenti pi laceranti
della nostra storia cittadina.
2005 Delitto al Corso
met anni 50 piano Cesare
Valle
2006 La quinta notte
i bombardamenti 14 settembre I ottobre 43
2008 Lultimo sguardo
gli anni 60
2010 La verit dellombra
il 68
2012 Il respiro del male
gli anni di piombo, il terrorismo degli anni 70
2013 Nero urbano
oggi, compare il commissario Matarazzo
2015 Il confine delloblio
il dopoterremoto
20018 La scoperta del doppio
con i due commissari
Tutti, meno La
scoperta del doppio, sono stati
scritti guardando ad un tempo passato e, soprattutto nei primi, era fortissima
lesigenza di fissare una sorta di album collettivo dei luoghi della placida
citt, con lindicazione precisa di nomi, negozi, pezzi ed angoli di strade,
per lurgenza che i testimoni in vita non perdessero la memoria delle mappe
mentali e potessero trasmetterle a quelli che non hanno conosciuto i muri di
prima del terremoto. Ed in generale, per tutti i libri, sempre presente lintreccio
della doppia lettura tra avvenimenti naturali od eterodiretti come la guerra, e
le risposte, le azioni di quanti hanno piegato i tempi successivi ai propri
interessi, a danno di una comunit sempre poco vigile.
A proposito dellentusiastica adesione ritualistica
della placida citt, esemplare il rapporto con Cesare Valle luomo che ha attraversato un secolo
(1902-2000), scavalcando in continuit gli anni del consenso attivo al fascismo
e la seconda guerra mondiale. Laureato nel 1924, gi nel 1930 attivo nella
commissione per il PRG di Roma. Nel 1935 redige quello di Avellino e suo, con
Fariello, il progetto per lOspedale Civile di viale Italia (1936). Dal 1942
lavora anche al Ministero dei Lavori Pubblici. Dal 1944 attivo nellIstituto
Nazionale di Urbanistica, in continuo e contrapposto confronto, ad esempio, con
Adriano Olivetti ed il suo gruppo. Termina la carriera al Consiglio Superiore
dei Lavori pubblici nel 1967. Sette agosto 1990, pomeriggio afoso e caldo,
Associazione Italiana Alberghi della Giovent, Simonetta Cesaroni, via Poma.
Ma ora Franco Festa ha esaurito la riserva del tempo
passato e comincia a costruire storie, percorrere le strade della citt nelle
scarpe di Melillo e Matarazzo, in una citt dal futuro incerto e sfibrato.
Quando il tempo della storia rievocato dallo
scrittore e rivissuto dal lettore, si ha una sorta di sinistra consolazione nel
rileggere avvenimenti effettivamente accaduti, con quel filo logico a posteriori che tutto rende solarmente plausibile. Franco Festa ci lascia tra gli
affanni del passato e langoscia del futuro.
Ugo Santinelli