L’italiano
era una lingua difficile. Parlavano un italiano chiaro e preciso gli operai che,
davanti alla FMA, difendevano con coraggio il diritto a un lavoro più umano.
Erano il segno vivo di un’Irpinia che cambiava, anche nel lessico. Parlava un
italiano dogmatico la sinistra storica che, riaffacciandosi davanti ai cancelli
della grande fabbrica, ritrovava comunque il gusto delle cose, il senso di sé.
Parlava un italiano astratto il giovane De Mita, che pure si era sforzato di
scrivere, per l’interpartitico, un documento politico decente, con tutti punti
e le virgole al loro posto, con appena qualche volo pindarico, qualche lieve
sbornia del pensiero. Parlavano l’italiano alla moda gli altri." Che ‘amma’
fa’ co’ sti’ pensieri! Volimm’ e’ presidenze!" urlavano i vari
membri dell’Accademia della Crusca del centrosinistra. Così toccava ai
giovani operai difendere la lingua dai turchi dell’Ulivo che bussavano
eccitati alle porte.