"Vuoi il gelato?", "vuoi la cassata?",
"vuoi il babà?". Non c’era nulla da fare. Maccanico voleva solo il
collegio di Avellino. La coalizione di centrosinistra lo portava di qua e di
là, per farlo scegliere. " Vuoi un collegio a Nord?" "Vuoi un
posto nel proporzionale?". Niente, si era fissato. Piangeva giorno e notte,
saliva sulla sedia e protestava. Invano cercavano di fargli capire che non era
cosa, che ad Avellino si erano scordati come era fatto, se fosse maschio o
femmina, se fosse giovane o vecchio. " Voglio il collegio!",
minacciava,"se non me lo date comincio a fare il ministro!". Coś la
nipote, Armida Tino, per calmarlo, aveva costruito, in una stanza della sua
villa, un plastico di Avellino a grandezza naturale. Ogni tanto portava lo zio
per le strade della finta città e azionava il disco degli applausi. Solo allora
Maccanico si svegliava dal torpore e ringraziava,finalmente felice, i palazzi di
cartapesta.