Moricola era un d’ambrosiano. La notizia aveva sbalordito l’Irpinia. Tutti
erano convinti che fosse un uomo con i baffi, invece no, era quell’altra cosa.
Doveva averlo deciso all’improvviso, senza avvisare, perché ancora non era
noto di cosa si trattasse. A cercarlo sul vocabolario, "d’ambrosiano"
non si trovava. Doveva essere qualche diavoleria, come new economy, o un’invenzione
stramba, come la candidatura di Rutelli. Non poteva trattarsi della solita
storia degli uomini liberi e degli uomini di corte, pronti a sistemarsi in riga
per le cariche prossime venture, no. Doveva essere qualcosa di più nobile, di
diverso: una setta segreta, un’ associazione di briscola , un’arciconfraternita?
Il mistero si faceva ancora più fitto quando Moricola giurava che, se avesse
vinto la linea di De Mita, avrebbe cambiato mestiere, per non vergognarsi di se
stesso. Cosa sarebbe diventato, allora: un’ameba, una mosca, un quadro di
Picasso?