C’era colla dappertutto. Era un mare di mastice che inondava la città e la
provincia. Con il caldo, l’adesivo si faceva ancora più liquido, riempiva
ogni foro, occupava ogni spazio. Chiunque avesse un’idea, manifestasse un
pensiero innovativo, inventasse un progetto, rimaneva rapidamente intrappolato.
Dal Calore all’Ofanto, dal monte Partenio ai monti Picentini, una ragnatela
untuosa bloccava tutto. Sulla superficie di quella melassa si muovevano
intontite mosche cocchiere, onorevoli ragni che si curavano solo dei propri
insetti. Ogni tanto si scorgeva uno spiazzo sgombro, ordinato, ripulito da
piccoli imprenditori, da ragazzi desiderosi di fare, da soggetti attivi. Ogni
tanto un sindaco scopriva un diluente, cercava di liberarsi dal bostik dei
partiti che volevano mettergli il guinzaglio, per dividersi le forniture di
colla bianca. Ma erano piccole oasi libere, in un universo viscido e
appiccicaticcio.