I
popolari lanciavano un concorso. Si cercava il manifesto più bello per il
tesseramento. Era stata un’idea del giovane De Mita: un atto di rottura, un
gesto eversivo, rispetto alle indicazioni del Centro. Quel Giuseppe aveva
proprio un’anima da contestatore. Una volta aveva rotto, senza chiedere il
permesso, il cellofan da un libro; un’altra volta, addirittura, aveva rotto un
uovo, anche se, quella volta, non l’aveva fatto apposta. Per timidezza, non
aveva detto a nessuno tutte le volte che aveva rotto noci e nocciole. Di certo
aveva rotto in un punto la giacca, senza dubbio aveva rotto con un calcio una
scarpa. Qualcuno giurava di averlo visto rompere addirittura le righe, alla fine
di una riunione. Solo con i consueti balletti e le consuete moine della politica
irpina non aveva ancora rotto: anzi, ormai, ci navigava. Ma, certamente, un
giorno o un altro, un anno o un altro, un secolo o un altro, quel ribelle l’avrebbe
fatto.