Pennetta aspettava. Ogni tanto si affacciava alla finestra, in attesa di un
segnale. Nel pezzo di cielo sulla sua testa volteggiavano rondini, merli,
colombi maleducati: neppure un piccione viaggiatore, con un messaggio, neppure
una scritta luminosa, neppure un fischio da lontano. Sapeva che i grandi capi
del partito popolare, nella capitale, tra una coca cola e una spremuta, avevano
pensato a lui per riempire la sedia di segretario provinciale. Per quel posto
erano mesi che molti si presentavano con il cuscino in mano. Finalmente il nodo
si scioglieva, la democrazia si realizzava. "Il congresso è aperto!",
avevano dichiarato De Mita e Mancino, nel bar romano sotto i portici. Quindi,
dopo un salatino e uno stuzzichino, deciso il nome, avevano chiamato il
cameriere, per annunciargli che il congresso era chiuso. Qualcuno, in provincia,
avrebbe poi pagato quel conto.