Carmine si era affacciato al balcone. Fuori la sera era calda e quieta.
Guardava, ma non vedeva. Alle sue spalle bastava un consueto rumore per
riportargli alla mente l’orizzonte protettivo della casa in cui sinora era
vissuto, per restituirgli il respiro di tutte le cose e le persone che tra
qualche ora avrebbe lasciato. Anche davanti il paesaggio non era mai cambiato:
via Dante, il cortile dell’ex carcere, più in là gli alberi freschi di via
Verdi, l’enorme foresta della sua infanzia. Forse, da qualche parte, anche
Roberta era affacciata a guardare e a misurare i respiri di dietro e le cose
davanti. Carmine aveva pesato tutti gli indugi e vinto la voglia di restare lì,
sull’uscio della sua vita. E Roberta aveva fatto lo stesso cammino. Ora si
trattava di raccogliere da qualche parte quel mondo fatato e oltrepassare la
soglia. Altri alberi freschi davanti, altri sospiri dietro, li avrebbero attesi,
ma questa volta li avrebbero visti e ascoltati insieme.