Aurisicchio era in ginocchio, con la cenere sul capo. "Ho peccato,
ho peccato!", mormorava tra le lacrime il segretario diessino. "Quante
volte ? ", chiedeva glacialmente padre D’ Ambrosio. " Due volte, due
volte! Una volta ho salutato Pennetta, un’altra Anzalone". " E io,
io che ti avevo detto ?" " Di non dare confidenza a nessuno, di dire
sempre no, di non sedermi vicino a loro e di disinfettare i bicchieri!".
"Perché l’hai fatto ?"."Ero solo, disperato, bisognoso d’affetto!
Perché hai voluto mettermi alla prova?". E continuava a piangere,
chiedendo perdono. D’Ambrosio tacque, e guardò fuori. Nel giardino ombre in
abito bianco scivolavano tra le panchine, per controllare i malati. Ma egli non
vedeva le sbarre e la camicia di forza sulla sedia. Il suo pensiero era quel
segretario, che lo distraeva dalla sua unica fissazione, il malvagio De Mita.
" Per penitenza, cento bestemmie contro il PPI! Domani vedremo!". E si
aggiustò il cappello di Napoleone.
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