La città era percorsa da brividi. Da Mario Capanna a Gigi D’Alessio
il passo era breve. Il volgo e lo chic, l’analfabeta e il letterato trovavano
finalmente una loro appassionata concordia . Appena letta l’ultima parabola
del mistico della sinistra sull’Italia di politici santi e di buoni librai,
ancora rapito dal suo ultimo libro di fioretti, l’intellettuale cittadino si
cingeva la fronte con la sciarpa e correva allo stadio, a cantare in coro :
"Anna se sposa" e "Non dirgli mai". Come distinguere, nella
calca, il lettore di "Cioè" e quello della rivista del Manifesto?
Come cogliere le differenze tra l’emozione del salumiere e le lagrime del
cronista culturale? Il vecchio sogno mazziniano si realizzava: l’unità di
popolo si saldava sotto la pianola del cantante neomelodico, che, sussurrando
con la sua vocina da gatto:"Piove"e "Annarella" indicava,
finalmente, la strada della riscossa del Mezzogiorno.