Ambrosone non era cattiva, era distratta. L’assessora al personale del comune
capoluogo scordava dappertutto le chiavi e l’ombrello, il porta occhiali e il
tappo del rossetto. Aveva anche dimenticato che la riforma della pianta organica
al Comune era stata già avviata dal suo predecessore, De Socio. O forse aveva
scambiato le proposte del diessino per carta igienica. Così aveva ricominciato
daccapo. Poiché era scordarella, aveva deciso di farsi aiutare da qualche
grande luminare. E, con l’ elenco telefonico di Roma alla mano, era partita
dalla lettera A,come Andretta, e si era fermata alla lettera P, come Papadia.
Lei, cattolica fervente, doveva essere rimasta colpita da quel nome. Così l’incarico
era stato assegnato, tra un caffè e una brioche della giunta. Ora si attendeva
il parto del luminare: un paio di neon, tre lampadine e qualche gruzzolo di
milioni di onorario. Così, finalmente, la rivoluzione del personale sarebbe
partita.