Maccanico arrivava. Implacabile come una diarrea, improvviso come un
temporale, affannato come un ricercato. Questa volta era Anzalone, il
novello asinello, ad accompagnarlo per mano. "Questa è la
sedia!", diceva l’ex presidente della provincia al vegliardo.
"Questo è il microfono!", continuava indicandogli il podio.
"E questo sei tu!", gli sussurrava mostrandogli uno specchio.
Allora il vecchietto sobbalzava, per l’immagine che gli veniva riflessa.
Gino, infatti, per sentirsi di nuovo immenso, come ai bei tempi, usava
specchi convessi, che gli restituivano la sua figura ingrandita. Al posto
di Maccanico, invece, appariva un’immagine deformata e a testa in
giù.
" Mettetemi dritto!", gridava allora il longevo, e
pretendeva di parlare capovolto. I democratici, che dicevano di essere lì
per capovolgere tutto, applaudivano felici, al loro leader che faceva
capriole e al loro partito con la testa per l’aria.

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