D’Ercole aveva fatto un sogno. Ormai gli capitava di sognare dappertutto.
Camminava, e sognava. Mangiava e sognava. Si grattava, e sognava. Sognava non
solo di essere candidato, nel collegio di Avellino, ma anche di vincere. Gli
amici cercavano di svegliarlo da quel brutto sogno, di ricondurlo alla realtà.
"Lascia stare!", gli dicevano accorati "pensa al tuo lavoro in
Tribunale. Al massimo, sgrida la giunta di Di Nunno. Insomma, riposati!".
Ma D’Ercole nulla, continuava a sognare. Alcune volte, sognando sognando, si
dimenticava di tornare a casa. Una volta fu recuperato, da un camionista di
passaggio, su una piazzola di sosta a Baiano, mentre firmava autografi come
onorevole ai cani randagi. Fu allora che il centrosinistra, impietositosi ,
decise di fare in modo che i sogni di D’Ercole diventassero realtà,
ricandidando Maccanico. E finalmente il sognatore volò a Roma , eletto non dal
popolo, ma direttamente dai suoi avversari.