Lo stuzzicadenti affondava. Aurisicchio, nel forno, si muoveva appena. Però
continuava a parlare. Dalla bocca, ben coperta di prezzemolo, continuavano a
uscire parole a fantasia. "Io qua, io là, io su, io giù!": suoni
vari si avvertivano nell’aria calda, mentre un sottile odore di arrosto
cominciava a spargersi dappertutto. Invano D’Ambrosio, legato affianco a lui,
continuava a tenere i suoi proclami alle patate che abbrustolivano e alle
cipolle rosolate che condividevano la sua sorte."A Roma tutti cretini! A
Napoli tutti cretini! I popolari tutti cretini! I diessini di De Simone tutti
cretini!", gridava, mentre un filo d’olio gli scorreva sulle guance. Poi
la punta della forchetta segnalò che il pranzo era pronto. Tutti i commensali
del centrosinistra, in un istante, si riunirono attorno al tavolo. E in un
boccone Aurisicchio e D’Ambrosio, cotti a puntino, furono divorati, tra
brindisi e sospiri di liberazione.