Regalavano anelli al naso. Con la clip o con il foro. Gli avellinesi, lo
sapevano tutti, erano buoni selvaggi, zulù di periferia. Era per questo che
ogni tanto arrivava qualcuno, lanciato dall’alto, a fare il deputato nel
collegio. Già lo aveva fatto De Mita, negli anni d’oro, con il mitico Lusetti,
un uomo, un perché. Ora ci riprovavano i diessini. Arrivava un tal Ranieri, che
non era neppure parente al principe di Monaco. Se fosse uccello o rettile, se
fosse ruminante o carnivoro, se camminasse sulle mani o sui piedi, nessuno lo
sapeva. Bisognava sistemarlo da qualche parte, evitargli i colpi di sole e si
era pensato al collegio di Avellino. Lì c’erano quei buontemponi, che
credevano ancora ai ciucci che volavano. Così, quando Ranieri sarebbe arrivato,
non sarebbe stato scambiato neppure per uno sconosciuto, ma accudito in qualche
scuderia, allevato con il fieno e con l’orzo ed eletto alla fine deputato.