D’Ambrosio
lo aveva giurato:"Gargani è una vecchia ciabatta!". Poi, d’istinto,
ricordandosi di essere un malandato scarpone, si era aggiustato la soletta
scalcagnata. Il quadro, a destra e a sinistra, tra liste di centro e liste
civetta, era quello di un mercato di scarpe vecchie. Per i votanti era una
delizia. Per entrarvi bisognava innanzitutto turarsi il naso. Poi si poteva
scegliere liberamente: si andava da pantofole usurate, da anni sulla piazza, a
babbucce sfondate, da mocassini senza fibbia a stivali "spaposciati".
Ovunque ci si voltasse, nel bazar, si scovavano solo calzature già usate,
smesse e rimesse: per non parlare degli ex democristiani, che invadevano tutte
la scarpiera e che neppure il più paziente calzolaio era riuscito a schiodare.
Solo Don Vitaliano, alla fine, aveva deciso di continuare a indossare i suoi
soliti sandali da prete, liberando l’elettorato dall’ultimo incubo.