Penso che questo sia il testamento
del commissario Melillo.
La sua disillusione è completata, l’ età della pensione vicina come
vicina (più che mai) è Lucia ed un piccolo malore sono segni
prodromici dell’ addio alle scene.
Romanzo per me bellissimo, forse il
migliore, scritto in maniera pacata dalla quale si evince però tutta
l’ energia insita nelle parole che danno vita alle situazioni: la
tensione non abbandona mai il lettore ed i colpi di scena costringono
a divorare le pagine, veloci, una dietro l’ altra.
Mi sono imposto una regola: non più di tre capitoli al giorno. Avevo
bisogno che quelle frasi si sedimentassero, decantassero, mi
riportassero a quegli anni, che anche io, seppur troppo giovane, ho
vissuto. Ho ritrovato quell’ odore, quelle sensazioni, quelle persone,
quei posti che in una parte della mia testa erano ancora vividi e
presenti: poliziotti in borghese, macchine civetta, ragazzi che si
baciano per strada davanti a tutti per il Corso, il Corso stesso, la
gente coi soldi, i professori, le macchine, la squadra di calcio, i
“filoni”, l’ orecchino, le canne, le “facce di cazzo”….ho ritrovato
quell’Avellino che nonostante tutte le sue contraddizioni, rimaneva
pur sempre una città vivibile (cosa che non posso dire oggi).
“…..tanti anni di indagini in quella città, quasi sempre in estrema
solitudine, che lo avevano posto in contatto con l’ umanità più
varia,lo avevano solo persuaso che la passività, l’ assenza di slanci,
l’ incapacità di far sentire la propria voce non erano dovute ad una
resa ma ad una scelta profonda. Vivere in piccolo, ragionare in
piccolo, scavare un buco per se stessi, ricercare protezioni per se e
per i propri familiari e per questo essere disposti a tutto, questo
era il sogno di granparte della città. Il resto erano luci accese e
subito spente da piccolissime minoranze, parole inutili, fughe. O vita
da sopravvissuti, come si sentiva ormai lui”.
Ritratto spietato, vero, vissuto, oggi più di allora.
Ed allora le piccole luci accese diventano fari come Rino e Claudia,
eroi a loro insaputa immolati sull’ altare del nulla; Fiorella (figura
straordinaria, quella che mi ha lasciato senza mangiare per due
giorni) uccisa dalla mediocrità schifosa umana, la lungimirante
amorevole sottomissione di Lucia.
E finisco con le sue parole perché di migliori non riesco a trovarne:
“……..la città si sarebbe ancora nutrita senza pietà della sua antica
bellezza per concepire luoghi senza vita, dimenticando i ritmi di un
tempo che l’ avevano vista vivere in armonia con i suoi abitanti”.
Grazie di tutto commissario.
Grazie a te Franco…….ti voglio bene.