ROBERTO DĠAGOSTINO, IL BIOLOGO DELLA SOLIDARIETAĠ

CĠera serenitˆ, allĠultimo piano del palazzo alla fine di vicolo san Giuseppe, la viuzza nel cuore storico della cittˆ, oggi sparita, che sfociava in Via Casale. La casa di Roberto DĠAgostino era l“, due stanze, dieci persone: i due genitori-il papˆ Ernesto, dipendente alla Provincia, la madre Carolina, casalinga,- sette fratelli e una zia. LĠumanitˆ viva che lo circondava, nei bassi del vicolo e nei piani alti, in cui i ceti popolari, artigiani e quelli impiegatizi convivevano tranquillamente, rest˜ per lui memorabile. Roberto visse per anni felice in quella casa e per quelle strade, si spinse quasi ogni giorno fino alla grande campagna l“ intorno, nella zona dellĠattuale via Luigi Amabile, allora attraversata da un fiumiciattolo, il Rimitiello, oggi sparito  dopo gli sbancamenti degli anni 60. Per˜ era un ragazzo svogliato, non amava studiare ma bighellonare con gli amici, immergersi nella vita febbrile della piazza vicina, appassionarsi ai giocatori di biliardo del Bar Roma. Poi tutto cambi˜. Sulla spiaggia di Erchie, ove si era avventurato insieme ad altri con una piccola tenda, conobbe a 17 anni una ragazza bella, intelligente e  vitale, Adriana- sarebbe poi stata la compagna di tutta la sua vita- che lo fulmin˜. Era di un anno pi piccola di lui, eppure era  a scuola un anno avanti. Fu lĠultimo colpo ad una scontentezza che ormai lo inseguiva e lo vedeva oggetto di chiassosi o velati rimproveri. Fu un amico mite e gentile, Elio Sandulli, che lo aiut˜, lo sostenne, lo incoraggi˜. Studiarono come matti in quarta, alla fine sostennero di seguito lĠesame di stato, e lo superarono. Tre fattori, dunque, lĠamore, lĠ orgoglio, lĠamicizia, modificarono la sua vita. Si iscrisse a Biologia, la concluse prima di tutti,  come aveva promesso alla madre, che lo sostenne impavida, ma a patto che si fosse laureato nei tempi fissati. Poi, dopo un lungo periodo a Roma,  torn˜ ad Avellino, ove fu assunto al Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi. Intanto si era sposato con Adriana, e aveva avviato, con il fidato amico, Geppino Oliva, anche lui biologo, un piccolo laboratorio di analisi, il San Luca. Da quel punto, furono solo bivi da affrontare. Una lunga esperienza di assistente volontario sulla cattedra di Microbiologia, allĠUniversitˆ di Napoli, fran˜ su una divisione. ÒSai dirmi quanto fa 5:161?Ó chiese con calma  al  candidato che si era presentato allĠesame di Stechiometria con lĠaria spavalda. Il ragazzo sbianc˜, poi and˜ su tutte le furie,  mandando il professore a quel paese. Dopo tre mesi Roberto attese che il ragazzo si facesse ancora vivo. Ma fu il titolare di cattedra che lo anticip˜. LĠesame dur˜ poco, 24 fu il voto finale. E il grande luminare gli sussurr˜ che s“, lĠesaminando non valeva granchŽ , ma era il figlio del primario di un ospedale famoso, dunque. Cos“, quando si aprivano buone possibilitˆ di un incarico universitario stabile, DĠAgostino usc“ da quel bivio, girando le spalle a quel mondo, che cozzava contro i suoi principi. Ma non era finita.  Per motivi simili, anni dopo, si trov˜ ad un altro incrocio. Al concorso per primario biologo in Ospedale- ormai  il laboratorio di Igiene era passato allĠUSL- era risultato primo, ma per otto anni aveva dovuto assistere a oscuri maneggi che  lo videro regalato indietro, senza funzioni, solo perchŽ privo di protezioni politiche. Ancora una volta scelse, e decise di porsi quasi forzatamente-una norma glielo consent“ - in pensione. Da allora si dedic˜ anima e corpo al suo laboratorio di analisi, anche se non lo aveva mai trascurato. La piccola impresa si estese, si tenne al passo con le nuove tecnologie, ampli˜ il campo diagnostico. Negli anni fu assunto nuovo personale, il fatturato and˜ sempre in crescendo, come il rapporto di fiducia con i pazienti. Procedette cos“, fino a che, arrivati gli anni della crisi, cominciarono i primi furibondi tagli alla spesa pubblica, che videro la sanitˆ colpita al cuore. DĠAgostino, con Oliva,  non hanno ceduto, hanno resistito. Negli ultimi anni, gli introiti hanno sempre garantito gli stipendi e i contributi dei cinque dipendenti. Per fortuna, caso raro,  i pagamenti dellĠAsl di Avellino sono abbastanza regolari e almeno questo dˆ tranquillitˆ.  Roberto cura personalmente ogni singolo atto della vita del laboratorio. UnĠ abitudine impegnativa, che ogni tanto lo porta a dire che  stanco, che  ora  di lasciare tutto nelle mani della figlia Roberta, che da qualche anno lo affianca con bravura:  ma sa bene che di quella vita non potrebbe fare a meno. Tutto  importante, per lui: le forniture, lĠesattezza delle analisi, lĠimpegno dei dipendenti nello svolgere con precisione le proprie mansioni. Soprattutto, per˜, il suono delle voci dei pazienti in attesa dei prelievi, nellĠatrio. Quel segnale vitale , negli ultimi anni,  si  per˜ modificato. Alla serenitˆ che avvertiva nelle chiacchiere in libertˆ dei suoi utenti-molti sono da una vita insieme a lui - si  sostituito un borbottio amaro, un silenzio doloroso, una fatica nei toni che a DĠAgostino fa male. Tante volte si trova a pensare che la sanitˆ pubblica  allo scatafascio, non solo per i tagli, ma anche per lo spreco, lĠindifferenza, la superficialitˆ, il clientelismo che lĠha divorata negli anni. Tante volte si trova a difendere lĠiniziativa privata, in cui ognuno  responsabile delle sue azioni. Ma sono pensieri che svaniscono, quando si trova ad ascoltare una coppia di modesti pensionati che gli confessano che con i dieci euro che servono per le loro due ricette potrebbero fare la spesa per un giorno; o quando scopre, da valori clinici in soqquadro, che cĠ qualche grave problema in quel paziente di condizioni indigenti che conosce da tempo. Ma lĠamarezza maggiore  quando prende atto che, di fronte alle ultime misure, al taglio degli esami diagnostici che colpiscono di fatto i ceti pi poveri, alcune persone non si affacciano pi al laboratorio, rinunziano a curarsi.  E a nulla vale il suo venire incontro a tutti, per come  possibile. DĠ Agostino non difende le prescrizioni selvagge del  passato, e i suoi abusi, ma riflette dolorosamente sul presente, nel quale solo chi ha le possibilitˆ adeguate pu˜ curarsi davvero, per gli altri non cĠ pi spazio. Eppure il laboratorio continua dignitosamente ad andare avanti, e del destino degli utenti  potrebbe non interessarsi, come fanno tanti. Ma non va cos“. Ogni giorno egli arriva alla solita ora, le sette meno un quarto, sereno e carico di progetti, e va via corrucciato, immerso comĠ stato non solo nelle questioni del laboratorio ma nel mare spesso sconsolato di quelle voci, nei problemi dei suoi pazienti, a cui pure non ha lesinato delle parole di speranza. UnĠamarezza che si moltiplica, quando pensa alla sua cittˆ in naufragio. Non  solo la nostalgia del passato, lĠassenza dei rapporti umani vissuti da bambino a Vicolo San Giuseppe, che lo indigna. EĠ la mancanza di unĠidea, di una direzione, di uno scatto di dignitˆ che gli fa ripetere che il futuro di Avellino  il nulla, perchŽ nulla  il presente.  Eppure Roberto DĠAgostino non molla. Ha una famiglia felice, una condizione personale tranquilla, ma di tirare i remi in barca per il laboratorio non se ne parla. L“ dentro, a un passo dal Corso, tra gli strumenti tecnici da tenere costantemente sotto controllo, tra gli odori dei reagenti, tra i fogli di analisi  da controllare, si sente a suo agio.  E sa che sarˆ l“ la mattina successiva, ad accogliere con il solito garbo le persone che, con le loro ricette e con le loro preoccupazioni,  cercheranno per primo il suo viso, unĠancora di umanitˆ rispetto alla bufera di fuori.