Caro Franco, innanzi tutto, spero
che tu e i tuoi cari siate sereni e in buona salute; poi, mi scuso per il
ritardo con cui ti scrivo, ma le vacanze di alcuni volontari della mia Comunit
mi hanno trasformata in una tappabuchi a tempo pieno; infine, tornata a una
certa normalit di impegno e – soprattutto – divorati i tuoi tre
libri, posso finalmente dirti che sei un giallista nato e sai creare suspence come pochi: come possibile che ( come mi hai
detto una volta ) non sapessi niente del giallo prima di cominciare a scriverne?
Io invece sono unappassionata di questo genere letterario da
almeno 35 anni, da quando, cio, mi imbattei nei
GIALLI GARZANTI, uneccellente collana che ora non si pubblica pi perch
intendeva far concorrenza alla pi nota GIALLI MONDADORI sul piano della qualit
(riuscendovi, ma con maggiori costi); in essa scrivevano – tra gli
italiani – autori come Felisatti-Pittorru e Loriano Macchiavelli che poi,
insieme al Simenon nostrano Renato Olivieri, ho
conosciuto personalmente a Trieste durante un Convegno sul Giallo promosso – mi pare verso la fine
degli anni 80 – dallIstituto Gramsci triestino . Il presidente di
allora, prof. Giuseppe Petronio, insieme a docenti delle universit di Monaco e
Graz, in quel convegno respinsero per il giallo
l etichetta di trivialliteratur, cio di letteratura popolare di
largo consumo, devasione o dappendice – paraletteratura – sostenendo che non esiste
paraletteratura e che il romanzo giallo – o criminale o poliziesco o come
altro lo si voglia chiamare – pu essere buona o cattiva letteratura come
qualsiasi altro tipo di produzione letteraria: dipende dal valore dellautore e
dellopera in s.
Proprio in quegli anni – o poco dopo – furono pubblicati
da Petronio Il
punto sul romanzo poliziesco e Sulle
tracce del giallo , due testi illuminanti sulla rivalutazione
definitiva del genere da parte della critica letteraria ( per altro anticipata
da Umberto Eco a tutti gli effetti nel Nome della Rosa): oggi
ormai il romanzo criminale (in tutte
le sue pi varie modulazioni) assurto a cifra della nostra epoca, anzi –
come scrive Henning Mankell
( con Anne Holt e Stieg Larsson il maggior esponente dei giallisti scandinavi
contemporanei ) – riesce a cogliere lo specifico della nostra epoca
meglio di ogni altra forma letteraria. E questo perch da un pezzo ormai
questo tipo di romanzo non ha pi come oggetto solo unindagine poliziesca, una
detection condotta pi
o meno brillantemente da un detective
pi o meno acuto, ma - come accade nei tuoi stessi romanzi – si
risolve in quella chՏ stata chiamata unesplorazione cittadina , in
una riflessione su aspetti della societ, indagata nei suoi problemi, ambienti
e tipi umani pi vari mentre colpita dal crimine.
Quel convegno del Gramsci triestino rivest di dignit teorica la mia
vecchia passione per il giallo dautore, sicch
ancora oggi, tra le letture che danno un senso alle
mie ora di riposo, non manca mai lultimo buon giallo. Tra i miei
preferiti sono, oltre agli scandinavi su ricordati, i
gialli psicologici di Patricia Highsmith ( ma non quelli malamente
rabberciati e pubblicati dagli avidi eredi dopo la sua morte) ambientati in una
provincia americana alla Spoon River; poi quelli dellinglese
(vivente) Ruth Rendell, dello svizzero Durrenmatt (che mi fece conoscere Gaetano) , del belga
Simenon, e i cosiddetti legal thriller di Turow e soprattutto di Grisham, veri e propri esempi
di impegno civile contro gli aspetti peggiori della societ americana.
Tra gli italiani contemporanei (presenti con una loro piccola
pattuglia anche fra i triestini ) mi piacciono
ancora gli autori che ho ricordati allinizio mentre mi lasciano fredda quasi
tutti gli altri, compreso Camilleri che trovo astutamente ripetitivo ( salvo
che in Un filo di fumo, senzaltro bello). Quasi tutti questi autori li ho
conosciuti personalmente al Mistfest che annualmente
si tiene a Cattolica e di cui stato presidente Petronio fino
allanno della sua morte (2003). Dovresti farci un salto anche tu.
Finalmente questestate mi sono imbattuta nei tuoi tre libri del tutto
inattesi e – grazie alla tua straordinaria capacit di determinare unatmosfera
carica di suspence e di tensione coinvolgente – non
ho potuto tralasciarne la lettura prima dessere giunta alla fine. Poi,
come mi accade di solito, ho cercato di capire perch mi piacevano e sono
approdata ad alcuni punti ( ancora slegati e
disorganici ma che spero di poter coordinare presto in un discorso pi coerente
) che mi piacerebbe discutere con te per chiarirmi meglio il senso della tua
scrittura:
1) – penso
innanzi tutto che la forma-giallo sia per te un puro e semplice simulacro
narrativo che (pur congeniale) ti serva per dire l altro che ti sta a cuore
veramente;
2) - mi sembra che questo altro vada rintracciato in un tuo pessimismo
senza speranza nei confronti di certa umanit provinciale e di certi ambienti
soprattutto piccolo-borghesi, tutti intrisi di povert morale e di un perbenismo
di facciata mal coprente una sostanziale corruzione; un pessimismo che rimane
irrimediabile nei confronti di tutti, giovani e vecchi, soli con le loro
passioni e pulsioni inconfessabili, incapaci sia di comunicazione autentica che
di rinnovarsi e redimersi: Melillo, che pure riesce a intuire e capire, mi pare
il pi solo di tutti ( e mi piace notare che si salvano alcune figure
femminili, umili madri come Lina e Nannina, esemplari
per dignit e fermezza).
3) -
credo poi che questa condizione umana da te scrutata con sguardo tra partecipe
e sconsolato in una piccola realt provinciale, appartenga in
effetti ad una dimensione universale, ma in te prende corpo e figura nella tua ( nostra ) cittaduzza di provincia contemplata e indagata con
disincantato realismo eppure con un amore dolente e senza riserve, lo stesso
che – penso – ti ha spinto a salvare di essa aspetti, ambienti,
costumi, localit, abitanti e tipi di una volta nel sito avellinesi, anzi a
salvarne persino certe forme linguistiche (fornacella,
porta appannata, scuri) che danno una patina darcaico alla tua scrittura
asciutta e senza sbavature, analitica e tipica del moderno romanzo dindagine;
4) – e mi sembra, infine, che la tua
scelta di collocare gli eventi narrati in tre momenti storici (1955 –
1946 – 1964) lontani dal piano temporale dei fruitori, corrisponda
a qualche intravista speranza di rinnovamento del tessuto morale e civile della
cittadina, speranza poi puntualmente frustrata dagli eventi subentrati,
anticipatori della decadenza odierna;
5) -
da ultimo, lascia che ti esprima tutta la mia
ammirazione per la tua straordinaria, minuziosa conoscenza dellAvellino
passata, nelle sue strade, nei quartieri, nei rioni, negli edifici e nei
palazzi pi diversi ( un solo esempio per tutti: il vecchio ospedale del Duomo,
sullaltura detta la terra) : io, che pure sono avellinese da sempre e sono
ben pi vecchia di te, ho faticato a ricordare ma poi mi sono ritrovata in
pieno nelle tue descrizioni – oso dire – affettuose. Mi permetti di
spiegarmi quella conoscenza col grande amore per la citt duna volta, culla forse delle tue (e
mie) speranze giovanili, che poi abbiamo visto cadere cos numerose?
Caro
Franco, avrai ormai capito anche tu che – come dicono i miei - sono una gran chiacchierona:
quanta voglia avrai di venirmi a trovare con Rosalba a Trieste ora che sai
quanta voglia ho io di ricordi, pur nella confortevole citt in cui vivo? Ma
debbo alla tua iniziativa su internet e – pi
ancora - alla sorpresa della tua scrittura se ripensare alla mia terra mi
caro oggi come non mai prima.
Ti saluto – e con te la mia alunna Rosalba – con stima,
affetto e gratitudine grandi.
Anna Maria