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LA MATEMATICA NEL DISCRETO
E GLI SPAZI VETTORIALI
a cura della professoressa MARINA FAMOSO
La nozione di spazio vettoriale
Sottospazio vettoriale
La nozione di vettore, esempi di particolari vettori e operazioni tra essi
Vettori linearmente dipendenti e linearmente indipendenti
Basi e dimensione di uno spazio vettoriale
Componenti di un vettore rispetto ad una base
Basi ortogonali e ortonormali ; base canonica
La nozione di matrice
Rango di una matrice
Operazioni con le matrici
Determinante di una matrice quadrata
Proprietà dei determinanti
Minore di una matrice , minore complementari e complementi algebrici
I due teoremi di Laplace
Matrice inversa di una matrice quadrata
Calcolo della matrice inversa con il metodo di Gauss
Metodo di Gauss per il calcolo del rango di una matrice
Stabilire se k vettori sono linearmente indipendenti
Sistema lineare di m equazioni in n incognite
Teorema di Rouchè Capelli
Sistema lineare di n equazioni in n incognite :teorema di Cramer
Sistema di m equazioni lineari omogenee in n incognite
Risoluzione di un sistema lineare col metodo di Gauss
Autovalori ed autovettori di una matrice quadrata
Matrice diagonalizzabile
L’affinità come trasformazione lineare del piano in sé
La similitudine
L’omotetia
L’isometria
NOZIONE DI SPAZIO VETTORIALE
E’ dato un campo K , ovvero un insieme nel quale siano definite due operazioni + e . tali che
·
a, b K, a+b K·
a,b K , a . b K·
(a+b)+c=a+(b+c) e (a . b) . c =a . (b . c) ( prop. associativa)·
esiste l’elemento neutro 0 per + , e 1 per . ,cioè tale che a+0=a , a . 1=1·
esiste a-1 tale che a. a-1 = 1 ed esiste –a tale che -a+a=0·
a+b = b+a e a . b=b .a ( prop. commutativa)·
(a+b) . c= a .c + b . c ( prop. distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione)Un esempio di campo può essere l’insieme dei numeri reali R rispetto alle operazioni di somma e prodotto
Sia dato poi un insieme non vuoto V nel quale sia definita un’operazione interna di addizione +tra elementi di V detti vettori e una esterna di moltiplicazione . tra un elemento di K , detto scalare e uno di V (indicheremo i vettori con le lettere minuscole in grassetto) tale che
a,b V a+b V e k K a V k.a V
Si dice che V è uno spazio vettoriale se :
+ è associativa cioè (a+b)+c=a+(b+c)
+ è commutativa cioè a+b=b+a
esiste l’elemento neutro detto vettore nullo 0 tale che a+0=a
esiste l’opposto di a , detto –a, tale che –a+a=0
dati due scalari h, k si ha che (h. k ). a= h.(k.a)
dati due scalari h e k e un vettore a, si ha (h+k).a=h.a + k. a
dato uno scalare h e due vettori a e b, si ha che h.(a+b)=h.a+h.b
data 1 l’elemento neutro di K si ha che 1.a = a
Un esempio di spazio vettoriale può essere quello numerico dato da RR =R2 sul campo R oppure RRR=R3 sul campo R e più in generale Rn
Altro esempio di spazio vettoriale sul campo R è quello dei vettori euclidei ,dati dai rappresentanti delle classi di equivalenza secondo la relazione di equipollenza (stessa direzione, stesso modulo e stesso verso)definita nell’insieme dei segmenti orientati
SOTTOSPAZIO VETTORIALE
Dato V uno spazio vettoriale su campo K, e U un sottoinsieme di V, si dice che U è un sottospazio vettoriale di V su campo K se sono verificate le seguenti condizioni:
·
a, b U a+b U·
k K e a U k . a Uo ciò che è lo stesso a, b U e k, h K h. a+k. b U
Si dimostra che il vettore nullo di V sarà vettore nullo anche di U e dato un vettore di U, il suo opposto in V sarà l’opposto in U.
LA NOZIONE DI VETTORE, ESEMPI DI PARTICOLARI VETTORI E OPERAZIONI TRA DI ESSI
Abbiamo quindi visto che gli elementi di uno spazio vettoriale si dicono vettori. Vengono indicati generalmente con le lettere minuscole in grassetto oppure con i seguenti simboli: a
Particolari vettori sono quelli numerici dati da n-ple ordinate di numeri reali e cioè gli elementi dello spazio vettoriale Rn. In particolare le coppie ordinate, del tipo a=(a1,a2), elementi di R2, identificabili con i punti del piano in cui è dato un riferimento cartesiano, e le terne a=(a1,a2,a3), elementi di R3 , identificabili con i punti dello spazio in cui è dato un riferimento cartesiano.
Tra questi vettori sono definite le operazioni di somma interna e di prodotto esterno come segue:
a=(a1,a2,…,ai,…,an) e b=(b1,b2,….,bi,…,bn) a+b=(a1+b1,a2+b2,…,ai+bi,…,an+bn) e
k . a =(ka1,ka2,…….,kai,….,kan)
es. dati a =(1,-3,4) e b=(2,7,-1) sarà a+b=(3,4,3) e 3.a= (3,-9,12)
VETTORI LINEARMENTE DIPENDENTI E LINEARMENTE INDIPENDENTI
Sia B= a1,….,an un sistema di vettori non nullo di V, un’espressione del tipo
l 1.a1+ l 2.a2+….+l n.an (1)
mediante gli scalari l 1, l 2,…., l n si dice combinazione lineare dei vettori di B mediante gli scalari l 1, l 2,…., l n e sarà un vettore v di V, per definizione di spazio vettoriale. In tal caso diremo che il vettore v dipende linearmente da a1,….,an . Se in particolare scegliamo gli scalari suddetti tutti nulli allora la combinazione lineare (1) darà il vettore nullo.
Si dice che un sistema di vettori è linearmente dipendente se è possibile ottenere il vettore nullo come combinazione lineare degli n vettori di B, utilizzando scalari non tutti nulli
Viceversa se utilizzando i vettori di B, l’unico modo di ottenere una combinazione lineare nulla è mediante una n-pla di scalari tutti nulli allora il sistema B è detto sistema di vettori linearmente indipendenti.
Valgono le seguenti proprietà:
Un sistema con un sol vettore è linearmente dipendente se il vettore è quello nullo
Un sistema di vettori è linearmente dipendente se e solo se uno di essi può essere espresso come combinazione lineare degli altri (cioè è linearmente dipendente dagli altri)
Un sistema che contiene due vettori uguali è linearmente dipendente
Un sistema che contiene due vettori proporzionali, cioè uno multiplo dell’altro mediante uno scalare, è linearmente dipendente
La prima proprietà è ovvia
Per dimostrare la seconda basta considerare che se il sistema è linearmente dipendente, allora esiste almeno una n-pla di scalari (l 1, l 2,…., l n ) non tutta nulla mediante la quale è possibile avere una combinazione lineare dei vettori di B che dia il vettore nullo, cioè l 1.a1+ l 2.a2+….+l n.an=0 supposto che sia l 10 possiamo dividere tutto per l 1 e risolvere in a1, così avremo
a1 = -l 2.a2 -….-l n.an
l 1 l 1
cioè a1 dipenderà dai rimanenti. Così pure il viceversa
Per dimostrare la terza consideriamo ad esempio i vettori a1,a2,a3 con a1=a2
e la combinazione lineare l 1.a1+ l 2.a2+l 3.a3 che per quanto detto equivale a
(l 1+l 2).a2+l 3.a3 Se i tre vettori costituissero un sistema linearmente indipendente allora anche solo a2 e a3 sarebbero indipendenti e quindi sarebbe (l 1+l 2)=0 e l 3=0 cioè l 1= -l 2 con l 2 qualsiasi, allora i tre vettori di partenza sono dipendenti.
Allo stesso modo si dimostra la quarta proposizione
BASI E DIMENSIONE DI UNO SPAZIO VETTORIALE
Sia B= a1,….,akun sistema di vettori di V.
Se vV l 1, l 2,…., l k / v=l 1.a1+ l 2.a2+….+l k.ak
allora B è detto sistema di generatori di V e si dice che lo spazio vettoriale V è finitamente generabile. Può però capitare che per generare V non siano necessari tutti i k vettori contenuti in B ma ne bastino solo n (n<k).
Si definisce base di uno spazio vettoriale finitamente generabile, il più piccolo sistema di generatori di V.
Una base è costituita da vettori linearmente indipendenti, infatti se fossero linearmente dipendenti, sarebbe possibile esprimerne uno di essi come combinazione lineare dei rimanenti e quindi avremmo trovato un sistema di generatori più piccolo e ciò è assurdo per definizione di base.
Ma allora possiamo definire una base anche in altro modo, e cioè come il massimo sistema di vettori linearmente indipendenti di V, infatti se esistesse in V un altro vettore linearmente indipendente con quelli di B, in quanto vettore di V sarebbe generato dai vettori della base B e ciò sarebbe assurdo in quanto se un vettore dipende linearmente da altri, non può costituire con essi in sistema linearmente indipendente.
Una base in V non è univocamente determinata, ma è unico il numero di vettori che la costituiscono, per quanto detto. Tale numero prende il nome di dimensione di uno spazio vettoriale
COMPONENTI DI UN VETTORE RISPETTO AD UNA BASE.
Data B= a1,….,an una base di V di dimensione n ,allora esiste una n-pla ( l 1, l 2,…., l n ) / v=l 1.a1+ l 2.a2+….+l n.an e tale n-pla è univocamente determinata. Infatti se esistesse un’altra n-pla (a 1, a 2,….,a n) distinta dall’altra e cioè tale che esiste almeno un indice i tale che a il i si avrebbe v=l 1.a1+ l 2.a2+….+l n.an =a 1.a1+ a 2.a2+….+a n.an e quindi
(l 1-a 1).a1+(l 2-a 2).a2+…..+(l n-a n).an=0 e per quanto detto esiste almeno un indice i tale che (l i-a i)0 e cioè B sarebbe un sistema di vettori linearmente dipendente, e ciò è assurdo perché B è una base.
Per tale motivo fissata una base esiste una corrispondenza biunivoca tra V e il campo Kn. D’ora in avanti per semplicità considereremo come campo R, il campo dei numeri reali e quindi possiamo dire che esiste una corrispondenza biunivoca tra V e Rn, in quanto il vettore numerico ( l 1, l 2,…., l n ) / v=l 1.a1+ l 2.a2+….+l n.an per quanto prima detto è unico.
Tale n-pla è detta vettore numerico delle componenti di v rispetto alla base B.
Grazie all’identificazione di v con le sue componenti, tutte le operazioni tra vettori si effettuano mediante operazioni tra i vettori numerici delle componenti e quindi se è a=(a1,…,an) e b=(b1,…..,bn) sono così definite le seguenti operazioni:
a+b=(a1+b1,….,an+bn) somma tra vettori
k . a=(ka1,…..,kan) prodotto di uno scalare e di un vettore
a . b =a1b1+a2b2+…..+anbn prodotto scalare tra due vettori
= norma o modulo di un vettore
N.B. risulta 2 = a . a
Esempio 1
Dati a=(1, 2, -3) e b = (3, -1, 4) sarà
a+b=(4, 1, 1) a - b=(-2, 3, -7) 2.a=(2, 4, -6) a.b=3-2-12=-11
==
Esempio 2
Dati i vettori euclidei a e b come base possiamo scegliere i versori i e j di un riferimento cartesiano. Allora scomponendo il vettore a lungo gli assi x e y otterremo le proiezioni ax e ay detti vettori componenti, i quali risultano essere multipli dei versori i e j mediante gli scalari ax e ay per cui risulta a= ax.i+ay.j
e quindi fissata in R2 la base B=(i,j), la coppia delle componenti di a risulta (ax,ay)
Esempio 3
Dato il vettore numerico a=(2,1,0) R3 e una base B di R3 data da
B=(1,0,2); (-2,0,0); (0,1;1) troviamo le componenti di a in questa base:
dovrà essere a= x (1,0,2)+ y (-2,0,0) +z (0,1,1) e quindi
a= (x, 0, 2x)+(-2y ,0, 0) + (0, z, z)
a =( x-2y, z, 2x+z) e confrontando tale espressione con
a= (2, 1, 0) si avrà da cui x=-1/2; y=-5/4 ; z=1
BASI ORTOGONALI E ORTONORMALI. BASE CANONICA
Dati due vettori a e b di V se essi sono tali che a . b=0 i vettori si dicono ortogonali
Esempio:consideriamo in particolare due vettori euclidei aventi direzioni perpendicolari, ad esempio, uno lungo l’asse x e l’altro lungo l’asse y , allora le componenti di detti vettori saranno del tipo (h, 0) per quello parallelo all’ asse x e (0, k ) per quello parallelo all’asse y.
Il loro prodotto scalare sarà h.0+0.k=0 cioè i due vettori risultano ortogonali, allora il concetto euclideo di ortogonalità rientra in quello vettoriale
Data una base B dello spazio vettoriale V, si dice che B è una base ortogonale se i vettori che la costituiscono sono a due a due ortogonali.
Data invece una base B costituita da vettori di norma unitaria, si dice che B è una base normale .
Se i vettori di una base B oltre ad essere normali, sono pure ortogonali, allora la base si dice ortonormale.
È sempre possibile normalizzare una base, basta dividere ciascun vettore per la sua norma; analogamente è possibile ortogonalizzare una base ( e quindi successivamente ortonormalizzarla) mediante il seguente procedimento
data una base B=a1,a2,…,an a partire da essa si può costruire una base B’=b1,b2,…,bn ortogonale così fatta:
b1=a1
b2=a2 –b1 . a2 . b1
b1 . b1
b3=a3 – b1 . a3 . b1 - b2 . a3 . b2
b1 . b1 b2 . b2
…………………………
bn=an – b1. an . b1 - b2 . an . b2 - .....- bn-1 . an . bn-1
b1 . b1 b2 . b2 bn-1 . bn-1
Consideriamo ora lo spazio vettoriale numerico Rn e la seguente base:
B=(1,0,…,0), (0,1,….,0),…., (0,0,….,0,1)
Cioè tale che il generico vettore ei ha tutte le componenti nulle, tranne la i-sima, i=1,…,n
Tale base è detta canonica o naturale
E’ facile vedere che la base canonica è ortonormale.
LA NOZIONE DI MATRICE
Si definisce matrice di tipo [m,n] su campo K una tabella a doppia entrata costituita da m righe ed n colonne dove il generico elemento aij K appartiene alla i-sima riga e j-sima colonna. Per semplicità considereremo matrici numeriche, cioè su campo R.
Es. A= è una matrice di tipo [2,3]
Una matrice si dice quadrata se m=n, cioè ha lo stesso numero di righe e di colonne
Si definisce in tal caso diagonale principale la diagonale costituita dagli elementi aii con i=1,…,n
Si dice matrice nulla una matrice con tutti gli elementi nulli
Si dice matrice diagonale una matrice i cui unici elementi non nulli sono quelli della diagonale principale; in particolare se tali elementi sono tutte unità allora la matrice si dice identica :
I = è una matrice identica del quarto tipoUna matrice si dice simmetrica se aij=aji
Se scambiano le righe con le colonne otteniamo la matrice trasposta At
Le colonne e le righe di una matrice possono essere viste come vettori numerici, infatti si parla di vettore riga ai e di vettore colonna aj
Viceversa un vettore numerico di ordine n può essere visto come una matrice di tipo [1,n]
RANGO DI UNA MATRICE
Si definisce rango di una matrice A, e si indica rg A, il massimo numero di righe o di colonne linearmente indipendenti. Valgono le seguenti proprietà:
·
Il rango di una matrice coincide con quello della sua trasposta·
Il rango di una matrice è nullo se e solo se la matrice è nullaIl rango di una matrice di tipo [m,n] è massimo se rg A= m oppure rg A =n
OPERAZIONI CON LE MATRICI
Tra matrici sono possibili le seguenti operazioni:
·
Date A=(aij) e B=(bij) matrici dello stesso tipo si definisce matrice somma la matrice C=A+B=(cij) con cij=aij+bijEs. + =
·
kR k . A= (kaij) cioè il prodotto di uno scalare per una matrice è la matrice ottenuta moltiplicando ciascun elemento di A per lo scalare.Es. data A= risulta 3A=
·
date le matrici A=(aij) di tipo [m,n] e B=(bij) di tipo [n,p] si definisce prodotto tra matrici la matrice C=(cij) di ordine [m,p] tale che cij=ai . bj cioè tale che l’elemento cij è dato dal prodotto scalare del vettore riga i-sima con il vettore colonna j-simaEs. date A= e B= risulta A . B=
DETERMINANTE DI UNA MATRICE QUADRATA
Ad ogni matrice quadrata A è associato un numero detto determinante ed indicato con . Esso è dato dalla somma di tutti i possibili prodotti del tipo
e p a1p(1) .a2p(2)……anp(n) (*)
dove p(1), p(2),…..,p(n) sono gli indici di colonna scambiati tra di loro (permutazioni)
e e p vale 1 o -1 a seconda se il numero di permutazioni effettuate rispetto all’ordine naturale 1,2,….,n, è pari o dispari
Es.: considero il prodotto a12 . a23 . a31
Gli indici di colonna hanno quindi subito la seguente permutazione
2 3 e 31 cioè due permutazioni e allora e =1
Calcoliamo ora il determinante di una matrice del secondo tipo:
data A= =e 1 a11 . a22 + e 2 a12 . a21
con e 1 =1 e e 2= -1 in quanto nel primo prodotto non c’è stata permutazione e nel secondo solo una . Allora sarà = a11 . a22 - a12 . a21
cioè il determinante di una matrice quadrato del secondo tipo è dato dal prodotto degli elementi della diagonale principale meno quello degli elementi della diagonale secondaria.
Procedendo allo stesso modo si trova la regola di Sarrus per le matrici quadrate del terzo ordine:si sommano i prodotti degli elementi della diagonale principale con quelli ottenuti dagli elementi vertici di triangoli con la base parallela alla diagonale principale (fig. 1) ; a questi si sottraggono i prodotti degli elementi della diagonale secondaria e quelli ottenuti moltiplicando i vertici di triangoli con la base parallela alla diagonale secondaria (fig. 2):
(1) (2)
oppure: riscrivere a destra della matrice le prime due colonne, effettuare i prodotti delle tre diagonali principali e a questi sottrarre i prodotti delle tre diagonali secondarie:
PROPRIETA’ DEI DETERMINANTI
Dalla definizione di determinante risultano le seguenti proprietà:
·
Il determinante di una matrice e della sulla trasposta sono uguali·
Se scambiamo tra di loro due righe o due colonne il determinante cambia segno (è stata operata per ciascun prodotto una permutazione in più)·
Se ci sono due righe o due colonne uguali il determinante è nullo (per la proprietà precedente, possiamo scambiare due linee senza alterare la matrice)·
Se moltiplichiamo una riga o una colonna per lo stesso scalare k il determinante si otterrà moltiplicando per k il precedente·
Se una linea è multipla di un’altra il determinante è nullo·
Se una linea è somma di m vettori numerici allora il determinante è dato dalla somma dei determinanti delle matrici ottenute dalla precedente sostituendo alla linea suddetta il primo, il secondo,…., l’ m- simo vettore·
Se ad una linea si aggiunge una combinazione lineare della altre linee il determinante non cambia.·
Se una linea dipende linearmente dalle altre il determinante è nullo·
Il determinante del prodotto di due matrici è uguale al prodotto dei determinanti
MINORE DI UNA MATRICE, MINORE COMPLEMENTARE E COMPLEMENTI ALGEBRICI
Data una matrice A si definisce matrice subordinata secondo le righe i1,….,iq e le colonne j1,…..,jq la matrice i cui elementi sono solo quelli appartenenti alle righe e alle colonne suddette.
Es. data A =
la sua matrice subordinata secondo le righe 2 e 3 e secondo le colonne 1 e 4 sarà
A’=
Si definisce minore della matrice A determinato dalle righe i1,….,iq e dalle colonne j1,…,jq
Il determinante della matrice subordinata secondo le righe e le colonne suddette.
Si definisce minore complementare il minore costituito dalla righe e dalle colonne diverse da i1,….,iq e j1,…,jq .
Si definisce complemento algebrico della matrice subordinata costituita dalle righe i1,….,iq e dalle colonne j1,…,jq il minore complementare di tale matrice preso con il suo segno se la somma degli indici di riga e di colonna i1+i2+….+iq + j1+…+jq è pari, col segno opposto se tale somma è dispari.
In particolare possiamo parlare di complemento algebrico dell’elemento aij considerando tale elemento come matrice subordinata del primo tipo secondo la i-sima riga e j-sima colonna.
Es. data A =
il suo minore secondo le righe 2 e 3 e le colonne 1 e 4 sarà il determinante della matrice
A’= e cioè 3
Il suo minore complementare sarà il determinante della matrice subordinata secondo le rimanenti righe e colonne e cioè
A’’= il cui determinante vale 25
Il suo complemento algebrico secondo le righe 2 e 3 e le colonne 1 e 4 sarà +25 perché
2+3+1+4=10 (pari)
I DUE TEOREMI DI LAPLACE
Il determinante di una matrice A e la somma dei prodotti degli elementi di una qualsiasi linea di A per i propri complementi algebrici
La somma dei prodotti degli elementi di una linea per i complementi algebrici degli elementi di ugual posto di una diversa linea parallela, è nulla
Dal primo teorema ricaviamo la regola per il calcolo di un determinante di ordine superiore a tre.
Es. calcoliamo un determinante del terzo ordine secondo lo sviluppo di Laplace:
= 1. - 2. + 1. = 1.(-2 + 4) – 2.(-4 - 0) +1. (-2 - 0)=
= 1 . 2 – 2 . (-4) +1 . (-2) = 2+8 -2 = 8
MATRICE INVERSA DIUNA MATRICE QUADRATA
Data una matrice quadrata A si definisce matrice inversa di A una matrice A-1 tale che
A . A-1= A-1.A=
Icioè rispetto all’operazione di moltiplicazione tra matrici, la matrice inversa è l’inverso di A rispetto all’elemento neutro per la moltiplicazione.
Es. data A= e A-1= affinché sia A . A-1=
I = deve essere 2a+4c=1 2b+4d=0 -a=0 -b=1per la definizione di prodotto tra matrici.
Poiché tra le proprietà dei determinanti abbiamo che il determinante di un prodotto di due matrici quadrate è uguale al prodotto dei determinanti delle due matrici, e poiché è 0 allora anche e 0
CALCOLO DELLA MATRICE INVERSA CON IL METODO DI GAUSS.
Sia A una matrice quadrata invertibile, cioè tale che il suo determinante sia non nullo.
Per calcolare la sua inversa si potrebbe applicare la definizione di prodotto matriciale per poi confrontare il risultato con la matrice identica.
Risulta però più agevole applicare il seguente metodo di Gauss:
data la matrice A con la matrice inversa A-1sarà la matrice
A-1=
Dove Aij è l’elemento della matrice aggiunta, cioè della trasposta della matrice A’ che ha come elementi i complementi algebrici della matrice A
Es. data A= la matrice dei complementi algebrici sarà
A’= , e quella aggiunta
essendo =5 sarà
A-1=
METODO DI GAUSS PER IL CALCOLO DEL RANGO DI UNA MATRICE.
Data una matrice A di tipo [m,n] si dice orlato del minore A(i1,…,ih; j1,…..,jh) di ordine h (con h<n e h<m), mediante la riga ai e la colonna aj il minore di A ottenuto considerando le righe a1,…,ah,ai e le colonne a1,….,ah,aj
Il teorema degli orlati afferma che se abbiamo un minore non nullo e comunque lo si orli si ottengono minori tutti nulli, allora le righe e le colonne che costituiscono il minore non nullo sono sistemi massimi di vettori linearmente indipendenti.
Per tale teorema possiamo allora dire che se il rango di A = r (cioè il massimo sistema di vettori linearmente indipendente è di ordine r) ogni minore di ordine maggiore di r è nullo.
Si dice minore fondamentale di A è un qualsiasi minore non nullo di ordine r.
Per calcolare il rango di una matrice basta allora trovare un minore non nullo di ordine massimo.
Es. data A=
essendo di tipo [3,4] al massimo potrà avere rango 3. Se avesse rango 3 dovrebbe esserci almeno un minore di ordine 3 non nullo. Andiamo a cercare tale minore
= - 4 0 allora il rango di A è 3.
STABILIRE SE K VETTORI SONO INDIPENDENTI.
Alla luce di quanto detto nei paragrafi precedenti, per stabilire se k vettori numerici sono indipendenti si può costruire una matrice avente tali vettori come righe o come colonne. Il sistema di vettori considerato sarà linearmente indipendente se e solo se il rango della matrice così costruita sarà massimo.
SISTEMA LINEARE DI M EQUAZIONI IN N INCOGNITE
Sia
un sistema lineare di m equazioni in n incognite. Si dice soluzione del sistema il vettore numerico (x 1,x 2,….,x n) di ordine n che soddisfa tutte le equazioni del sistema lineare.
Se un sistema ammette soluzioni si dice che è compatibile
Ad un sistema lineare sono associate due matrici, la matrice dei coefficienti, che ha come colonne i vettori numerici di ordine m costituiti ciascuno dai coefficienti della prima , seconda ,ecc . incognita del sistema, e la matrice completa A* che in aggiunta alla prima ha la colonna dei termini noti, cioè
A= e A*=
Due sistemi si dicono equivalenti se le equazioni dell’uno dipenderanno linearmente dalle equazioni dell’altro.
Due sistemi equivalenti ammettono le stesse soluzioni
Se tutte le equazioni che costituiscono un sistema sono indipendenti tra di loro, allora il sistema si dice ridotto.
Se un sistema è ridotto e compatibile allora si dice normale
Considerato il vettore colonna X= delle incognite e il vettore colonna C= dei termini noti, detta A la matrice dei coefficienti, allora il sistema di m equazioni in n incognite equivale alla seguente equazione matriciale: A.X=C
TEOREMA DI ROUCHE’- CAPELLI
Il teorema di Rouchè-Capelli, afferma che un sistema è compatibile se e solo se i ranghi delle due matrici associate al sistema (quella dei coefficienti e quella completa) coincidono.
Tale teorema è completato dai teorema di unicità :
un sistema compatibile ammette un’unica soluzione se e solo se il rango è massimo cioè pari al numero di incognite.
Se un sistema è compatibile e rgA=rg A*= p<n (n numero delle incognite),dette aj1,…,ajp le colonne indipendenti, esiste un’unica soluzione in cui le n-p incognite con indice diverso da j1,….,jp , hanno valore assegnato.
In pratica il secondo teorema di unicità afferma che in tali ipotesi bisogna considerare come termini noti le n-p incognite con indice diverso da quelli delle colonne indipendenti. In tal caso poiché per ciascuna delle n-p incognite possiamo fissare valori, allora si dice pure che il sistema ammette soluzioni
Es.1) dato il sistema sarà A= e A*= sarà 0 e quindi rgA=3. Poiché A* è di tipo [3,4] allora sarà sarà il massimo minore non nullo che troviamo in A* e quindi
rgA=rgA*=3=numero delle incognite
quindi la soluzione sarà unica.
Es. 2) dato il sistema sarà A= e
A*=
Poiché risulta = -19 allora sarà rg A=2 =rgA* in quanto tale minore lo troviamo anche in A* e non potremmo trovare un minore di ordine superiore. Allora il sistema è compatibile e poiché le colonne indipendenti che costituiscono tale minore sono quelle dei coefficienti x e y , fissato un valore per z , ad esempio x sarà unica la soluzione del sistema nelle incognite x e y.
Può capitare che rg A= rgA* =h con h<n e h<m, allora si considera il sistema equivalente ridotto costituito dalle sole equazioni indipendenti e ci rifacciamo al secondo teorema di unicità.
SISTEMA LINEARE DI N EQUAZIONI IN N INCOGNITE:TEOREMA DI CRAMER.
Supponiamo di avere
un sistema compatibile di n equazioni in n incognite . Allora sarà rgA=rgA*.
Se è rgA=rgA*=h con h< n ci si rifà a quanto detto al paragrafo precedente e cioè ridotto il sistema e fissate le n-h incognite opportune, la soluzione per il nuovo sistema equivalente di h equazioni in h incognite è unica.
Consideriamo allora il caso in cui il rango è massimo. In tal caso sarà 0. vale allora il teorema di Cramer secondo cui la n-pla delle soluzione è data da (l 1,l 2,..,l n) con l i = dove Ai è la matrice ottenuta sostituendo nella matrice A al posto della i-sima colonna la colonna dei termini noti c=
Es. sarà A=
ed è facile provare che il suo rango è 3, allora in quento è il rango massimo, il sistema è compatibile . Calcoliamo le soluzioni secondo il teorema di Cramer:
x= == - y=== -10
z===
Se invece abbiamo il sistema (1) è facile vedere che rgA=rgA*=2
E il minore non nullo è dato da per cui il sistema (1) sarà equivalente al sistema ridotto e quindi fissata l’incognita z=x applichiamo Cramer al sistema
SISTEMA DI M EQUAZIONI LINEARI OMOGENEE IN N INCOGNITE
Se le equazioni che costituiscono il sistema sono omogenee, cioè la colonna dei termini noti è data dal vettore nullo, il sistema si dice omogeneo.
In tale sistema quindi, la matrice completa ha in più rispetto a quella dei coefficienti una colonna tutta nulla, per cui i ranghi delle due matrici coincidono e quindi per il teorema di Rouchè – Capelli, un sistema lineare omogeneo è sempre compatibile.
Ammetterà sicuramente come soluzione il vettore numerico nullo e tale soluzione risulta unica se il rango è massimo.
Se il rango non è massimo, bisogna individuare il massimo minore non nullo e si procede come per un sistema lineare non omogeneo.
A differenza di un sistema lineare , dove le soluzioni sono un sottoinsieme di Rn, se R è il campo su cui è dato il sistema, in un sistema lineare omogeneo le soluzioni costituiscono un sottospazio di Rn la cui dimensione è data da n-p con p rango della matrice A .Si dice anche che il sistema lineare omogeneo ammette soluzioni.
RISOLUZIONE DI UN SISTEMA LINEARE CON IL METODI DI GAUSS.
Sia dato un sistema lineare di n equazioni in n incognite. Se il sistema è compatibile la soluzione può essere determinata oltre che con Cramer, anche con il metodo di Gauss o delle successive eliminazioni.
Sia il sistema dato.
Supposto che sia a110 dividiamo tutti i coefficienti della prima equazione per a11 ottenendo x1+b12x2+……+b1n=b1 e risolvendo rispetto a x1 e sostituendo nell altre equazioni troveremo e procedendo analogamente sulla seconda equazione dividendo per b22 e così di seguito, si arriverà al seguente sistema:
AUTOVALORI E AUTOVETTORI DI UNA MATRICE QUADRATA.
Sia data una matrice quadrata A di ordine n e un vettore numerico riga v Rn . E’ possibile eseguire il seguente prodotto matriciale v . A ed il risultato sarà un vettore riga w Rn .
(v1,v2,…,vn) . = (w1,w2,….,,,,wn)
Un vettore v non nullo per cui si ha che A.v= l v si dice autovettore per la matrice A e lo scalare l per cui si ottiene ciò è detto autovalore corrispondente all’autovettore v
Ad un autovettore è associato un unico autovalore, mentre ad un autovalore possono essere associati più autovettori,
Si dice autospazio Vl relativo all’autovalore l l’insieme costituito degli autovettori v di autovalore l e dal vettore nullo. Vl è un sottospazio vettoriale di Rn .
La dimensione di tale autospazio è detta molteplicità geometrica dell’autovalore l .
Per trovare gli autovalori di una matrice quadrata basta risolvere l’equazione caratteristica data da = 0.
Infatti se l è autovalore per A allora è soluzione del polinomio caratteristico , infatti se è autovalore di A risulta
A.v=l v (1)
E poiché è possibile trasformare un vettore riga in un vettore-matrice riga semplicemente moltiplicandolo per la matrice identica
I allora la (1) può anche essere scritta comeA.v=l
I v A.v - l I v = 0 (A - l I ). v = 0 cioè v è una soluzione non nulla del sistema lineare (A - l I ). x = 0 cosa che capita se e solo se= 0.
E’ ovvio che il polinomio caratteristico ha grado n per cui al massimo possiamo trovare n autovalori di A.
La molteplicità di l come radice del polinomio caratteristico e cioè il massimo intero m tale che (l -l ) m divide il polinomio caratteristico, è detta molteplicità algebrica di l e si indica con ma(l )
Vale la seguente relazione: 0 < mg(l ) < ma ( l )
Es: data la matrice A= trovare autovalori ed autovettori relativi.
Sarà ( A - l
I ) = e quindi risolvendo l’equazione caratteristica= 0.
Troveremo i due autovalori l 1= 1 e l 2= 3
Per trovare gli autovalori relativi a l 1=1 basta sostituire al posto di l il numero 1 ottenendo così A -
I = per trovare i relativi autovalori v=(x,y) dobbiamo invece risolvere il sistema lineare omogeneo (A-I).v=0 e cioèche ammetterà come soluzione x= e y=0
per cui il generico vettore sarà v=(; 0) = k (1,0) essendo la scelta di arbitraria.
Facendo la stesso discorso per l 2=3 avremo A - 3
I = e per trovare v=(x,y) bisogna risolvere il sistema da cui troviamo x= e y=2/5 e allora per l’arbitrarietà di possiamo dire che v= k (1, 2/5) oppure v= k (5, 2)
MATRICE DIAGONALIZZABILE
Una matrice quadrata A di tipo n si dice diagonalizzabile se è simile ad una matrice diagonale D, cioè se esiste una matrice invertibile P tale che D=P-1 A P
P è la matrice che diagonalizza A
Si dimostra che A è diagonalizzabile se e solo se il polinomio caratteristico =0 ha tutte le radici in R e la molteplicità algebrica di ciascun autovalore coincide con quella geometrica.
È chiaro che se A ammette n autovalori distinti e cioè hanno ciascuno molteplicità algebrica 1, per la relazione che esiste tra le molteplicità saranno anche le molteplicità geometriche uguali ad 1 per cui per il teorema suddetto A è diagonalizzabile.
Se invece un autovalore l ha molteplicità k>1 bisogna verificare che il relativo autospazio abbia dimensione k e cioè il rango della matrice associata al sistema omogeneo (A - l
I ). x = 0 sia q, in maniera tale che il sottospazio delle soluzioni (coincidente con l’autospazio) abbia dimensione k= n-q .La matrice D diagonale simile ad A avrà sulla diagonale tutti gli autovalori, la matrice P che diagonalizza A avrà come colone i vettori costituenti le basi degli autospazi.
Si dice che A è ortogonalmente diagonalizzabile se è simile ad una matrice diagonale D e la matrice che la diagonalizzza è ortogonale.
Si dimostra che ciò è possibile se e solo se la matrice A è simmetrica. In tal caso D avrà sempre sulla diagonale principale gli autovalori mentre P avrà come colonne i vettori di basi ortonormali degli autospazi.
L’AFFINITA’ COME TRASFORMAZIONE LINEARE DEL PIANO IN SE’
Sia data una funzione di R2 in R2 che ad un punto P del piano di coordinate (x,y) associa sempre un punto del piano P’ di coordinate (X,Y).per tale motivo una tale funzione è detta trasformazione del piano in se . la legge secondo la quale al punto P e associato il punto P’ può essere espressa dal sistema lineare
(*) per questo la trasformazione è detta lineare.
Ad essa rimane associata la matrice A = e quindi il sistema suddetto può anche scriversi in forma matriciale
= . +
S definisce affinità qualsiasi trasformazione lineare del piano in sé determinata da una matrice A l cui determinante sia diverso da zero. In tal caso il sistema (*) è detto sistema delle equazioni cartesiane di un’affinità
Risolvendo il sistema in x e y è possibile osì definire la trasformazione inversa, cioè quella che associa P al punto P’:
T : P P’ affinità
T-1: P’ P trasformazione inversa
Per trovare i punti uniti di un’affinità (ovvero un punto il cui trasformato coincide con sé stesso), basta sostituire nelle equazioni dell’affinità x al posto di X e y al posto di Y e risolvere il sistema in x e y .
Es.: data l’affinità (a) troviamo i punti uniti
e risolvendo troveremo P=(5; -2) come punto unito.
Se invece vogliamo trovare le rette unite di un’affinità T prima dobbiamo trovare l’affinità inversa T-1 e la si applica ad una qualsiasi retta r di equazione ax+by+c=0. La trasformata dovrà coincidere con r, per cui il rapporto tra i coefficienti omologhi dovrà essere uguale . Se il sistema così costituito darà soluzioni, allora avremo trovato i valori di a, b e c che danno le rette unite.
Es.: data l’affinità (a) suddetta, la sua inversa sarà (b)
Allora trasformiamo una generica retta ax+by+c=0 e otterremo
(a - b) X+(a - 2)Y+2a – b +c=0 e tale retta coincide con quella di partenza se e solo se
nasce così il sistema
dalle cui eventuali soluzioni troveremo le rette unite.
In particolare un’affinità che ha l’origine degli assi cartesiani come punto unito, ha le seguenti equazioni:
Le principali proprietà di un’ affinità sono le seguenti:
a)Un’affinità conserva l’allineamento dei punti, per cui muta rette in rette, rette incidenti in rette incidenti e rette parallele in rette parallele
b)in genere un ‘affinità non muta una retta in una ad essa parallela
c) un’affinità non conserva gli angoli.
d) se due segmenti AB e CD sono paralleli e il loro rapporto è k , allora i segmenti paralleli corrispondenti a questi in una affinità A’B’ e C’D’ avranno come rapporto ancora k. Ciò non vale se i segmenti AB e CD non sono paralleli.
e) si conserva il rapporto tra aree di figure corrispondenti cioè
S(A’B’C’)= S(ABC) dove h = con A matrice associata all’affinità.
Se h> 0 l’affinità si dice diretta, viceversa si dirà inversa.
Se consideriamo una trasformazione che ha come punto fisso l’origine degli assi e cioè
T= con A= e 0
Può capitare che trasformando un vettore v questo si muti in uno ad esso parallelo, cioè T( v ) = k. v In tal caso il vettore si dirà autovettore e il numero k viene detto autovalore o rapporto di stiramento.
Per trovare gli autovalori di un’affinità si devono quindi trovare gli autovalori della matrice associata A dopodiché per ciascun autovalore trovato è possibile trovare la retta unita ed il suo coefficiente angolare darà la direzione invariante
Es.: data la trasformazione trovare le direzioni invarianti.
Bisogna trovare prima gli autovalori di A= risolvendo l’equazione caratteristica data da =0 da cui verrà l 1=4 e l 2= -1
Per trovare la direzione invariante, cioè l’autovettore, basta risolvere il sistema dato dall’equazione matriciale
(A - l
I). v=0 con v = (x,y) (*)per i vari autovalori trovati ed allora per l 1=4 avremo
per cui la retta unita sarà x=3y e la direzione invariante (cioè l’autovettore) per tale autovalore sarà data dal coefficiente angolare m=3
Allo stesso modo si procede per l’altro autovalore trovato.
Se l’equazione matriciale (*) dà luogo ad un sistema impossibile, vorrà dire che non esistono direzioni invarianti.
LA SIMILITUDINE
Si definisce similitudine una qualsiasi trasformazione affine che mantiene costante il rapporto tra un segmento PQ e il suo trasformato P’Q’ , qualunque sia PQ.
Quindi = k (1) il numero reale k si dice rapporto di similitudine.
Ricordando che le equazioni di un’affinità sono
applicando la (1) si avrà che un’affinità è una similitudine se e solo se a11=+ a22 e a12= a21 e quindi risulterà k=
allora potremmo avere due possibilità:
a) a11= a22 e a12= - a21 per cui l’equazioni di similitudine diventano
e allora la matrice A sarà tale che =k2
b) a11= -a22 e a12= a21 per cui l’equazioni di similitudine diventano
e allora la matrice A sarà tale che = -k2
una similitudine che ha il determinante della trasformazione positivo si dice diretta, altrimenti indiretta per tanto il caso a) è quello di una similitudine diretta e il caso b) di similitudine indiretta.
Il rapporto di similitudine k= è il rapporto che esiste tra segmenti corrispondenti, ma anche il rapporto che esiste tra perimetri di figure corrispondenti. Passando alle aree possiamo invece dire che =k2
Similitudine diretta
Supponiamo di avere una similitudine diretta che fissi l’origine degli assi allora le sue equazioni saranno
se è dato un triangolo ABO con A=(s,0); B=(0,t) e O=(0,0) siano A’=( as, - bt)
B’=(bt, at) O’=(0,0) i trasformati di A, B, C nella similitudine considerata . Il triangolo ABC si trasformerà nel triangolo A’B’C’.
Se k è il rapporto di similitudine allora partendo da ABC possiamo ingrandire il triangolo dato di un fattore k, cioè ingrandiamo i segmenti OA e OB di un fattore k, ottenendo così il triangolo A"B"C". se la similitudine è diretta allora esisterà una rotazione di ampiezza che porti il triangolo A"B"C" su A’B’C’.
Quindi una similitudine diretta è il prodotto di una dilatazione se è k>0 (o contrazione se k<0) e di una rotazione.
Similitudine inversa
Se la similitudine è inversa , cioè <0 , una volta ottenuto il triangolo A"B"C", non esiste una rotazione che lo porta su A’B’C’, ma è necessario :
a)una simmetria rispetto all’asse x che porti A"B"C" su A’’’B’’’C’’’
b) una rotazione che porti A’’’B’’’C’’’ su A’B’C’
L’OMOTETIA
Si definisce omotetia una trasformazione del piano tale che fissato un punto C(a,b) (detto centro dell’omotetia), ad un punto P(x,y) associa in punto P’(X,Y) , allineato con P e C tale che P’C=k .PC
Se k>0 allora P e P’ appartengono alla stessa semiretta di centro C, altrimenti a semirette opposte di centro C.
Si ricavano così le equazioni cartesiane di un’omotetia:
da cui (1) con
per cui il centro dell’omotetia ha coordinate C=
dalla (1) possiamo ricavare quindi la seguente definizione di omotetia:
L’omotetia è una trasformazione affine che ha come matrice A una matrice diagonale con gli elementi della diagonale tutti uguali tra di loro:
Se è k>0 l’omotetia si dirà diretta, altrimenti indiretta.
E’ ovvio che l’omotetia è una particolare similitudine con b=0
Se il centro dell’omotetia è l’origine allora le equazioni diventano
Possiamo quindi dire che
a)un’omotetia conserva la forma delle figure ma non l’estensione
b)il rapporto tra i perimetri di figure corrispondenti è uguale in valore assoluto al rapporto di omotetia
c) il rapporto tra le superfici di figure corrispondenti è uguale al quadrato del rapporto di omotetia
d) il centro dell’omotetia è punto unito per l’omotetia,
e)qualsiasi retta che passa per il centro dell’omotetia è unita
f)qualsiasi retta non passante per il centro dell’omotetia la trasforma in una ad essa parallela
L’ISOMETRIA
L’isometria è una qualsiasi trasformazione del piano in sé che conserva le distanze cioè dati P e Q e P’ e Q’ i loro corrispondenti sarà
d(PQ)=d(P’Q’)
Possiamo allora dire che un’isometria è una particolare similitudine con k==1
Si parla di isometria diretta se >0 e in tal caso si conserva l’orientamento delle figure e di isometria indiretta se <0 che non conserva l’orientamento delle figure.
E’ ovvio che due figure che si corrispondono in un isometria sono uguali
ESERCIZI
Dato il sistema di generatori a,b,c,d,e,f con
a=(1,2,0) b=(0 ,1, 1) c=(0,0,0,) d=(2,4,0) e=(2,5,1) f=(1,0,0)
trovare in esso una base e rispetto a questa trovare le componenti del vettore v=(12,8,-6)
si ortogonalizzi la base B= a,b,c con a=(1,1,0) b=(1,0,1) c=(0,1,1)
si normalizzi la base B=a,b,c,d con a=(1,0,0,0) b=(2,1,0,0) c=(3,2,1,0) d=(4,3,2,1)
dato un sistema compatibile lineare non omogeneo di m equazioni in n incognite con m>n. Cosa possiamo affermare?
dato un sistema compatibile lineare non omogeneo di m equazioni in n incognite con m<n . Cosa possiamo affermare?
studiare il sistema lineare omogeneo
studiare il sistema lineare
studiare il sistema lineare
discutere al variare di k il seguente sistema parametrico
trovare autovalori e autovettori della matrice A=
la matrice A= è diagonalizzabile? E’ ortogonalmente diagonalizzabile?
perché una matrice con due colonne una proporzionale all’altra ha determinante nullo?
un sistema di vettori che contiene il vettore nullo è linearmente indipendente oppure no? Perché?
studiare le seguenti trasformazioni:
a) b) c) d)
e in tutti i quattro casi calcolare l’area del trasformato del triangolo di vertici O=(0,0), A=(4;0) , B=( 0;7)
data la trasformazione trovare, se esistono, le direzioni invarianti
PROVA SIMULATA N.1
Dopo aver definito il rango di una matrice indicare come fare per calcolarlo e perché.
Dare due definizioni equivalenti di base di uno spazio vettoriale e provarne l’equivalenza.
Dare la definizione di similitudine e di omotetia ed evidenziarne le differenze
Si trovi la matrice inversa di A=
Dati i vettori a=(1,2,-3) , b=(-1,2,1) c=(4,1,2) provare che sono linearmente indipendenti e a due a due ortogonali.
discutere al variare del parametro il seguente sistema lineare
PROVA SIMULATA N. 2
Dare la definizione di sistema di vettori linearmente dipendenti. In tal caso dimostrare perché almeno un vettore del sistema dipende linearmente dagli altri.
Qual è la condizione a cui deve soddisfare una matrice quadrata per essere invertibile e perché?
Dato un sistema compatibile lineare non omogeneo di m equazioni in n incognite con m<n . Cosa possiamo affermare?
Nella seguente affinità: trovare i punti uniti e la trasformata della retta 3x+y-1=0
Data la matrice A= provare che è diagonalizzabile , scrivere la matrice D diagonale ad essa simile e la matrice P che la diagonalizza.
Risolvere il seguente sistema omogeneo