I diessini di Avellino erano partiti per il congresso. Addio alle tristezze del comunismo del passato, bisognava immergersi nel futuro. In testa era D’ Ambrosio, con il cappotto pesante e il colbacco. Dietro di lui, con la valigia piena di zitoni e sopressate , era il neo segretario, Aurisicchio. Seguivano, con caciotte e testi di Togliatti , circondati da galline starnazzanti, i resti della banda che aveva vinto il congresso. Piu’ in la’, distanti, erano i seguaci di Alberta De Simone, con piumini d’oca e cappellini Nike. Nei loro borsoni firmati Gucci erano manuali di marketing e dischi di Orietta Berti. Durante il viaggio, per vincere la monotonia, i dambrosiani avevano ripetuto i soliti cori antidemitiani, tirando freccette a una foto di Anzalone in lacrime; gli altri avevano intonato canzoni di Sting e di Toto Cotugno. Poi il brusco approdo alla stazione, tra dame in crinolina e calessi con cavalli. Erano convinti di essere arrivati nel 2000, ed erano finiti nel loro tempo, alla fine dell’ 800.