I popolari della città si gonfiavano come polli. Tornava Di Nunno e si mettevano in fila col petto all’infuori, per farsi trovare pronti. Passavano la giornata a decidere chi la sparava più grossa: tanto c’era sempre qualcuno che ci avrebbe creduto, qualche passacarte che l’avrebbe spacciata per vera. A sentirli parlare, Avellino era un mondo meraviglioso. Dal Q9 a Piazza del Popolo, dal Carcere borbonico a Quattrograne, era una scarica di fuochi di artificio." Guarda la mia luminaria!", diceva uno, "osserva il mio bengala!", borbottava un altro. "Attenti al mio tric trac!", esclamava il terzo. E intanto si scopriva che la penale per i lavori ai Platani era una cosa miserabile, poco più di centomila lire al giorno. E nessuno aveva il tempo, mentre seguiva i suoi palloni fosforescenti per il cielo, di individuare i responsabili di questo misfatto e inviarli a spazzare la cacca dei cani.