A Francesco era mancato il tempo. Uno sparo lo aveva strappato agli auguri dei suoi amici, dei suoi parenti, del suo amore. Neppure il tempo di festeggiare, di sperare, e addio. Per Francesco, Nicola, Gerardo, Antonio, Luigi, per tutti i ragazzi di periferia che portavano nomi nobili e antichi, c’era solo il diritto alla cronaca nera. Nessuno avrebbe mai raccontato il loro addio precipitoso e amaro alla scuola, il loro alzarsi presto e rincasare tardi, il loro continuo darsi da fare. Chiusi nelle proprie casematte, incantati davanti ai propri televisori, a tutti gli altri non sarebbe mai venuta la voglia di conoscere, di capire cosa si celasse dietro il loro sorriso pulito, dietro i loro capelli pieni di gel, dietro i loro occhi vivi, che i giornali sbattevano in prima. Nessuno era sfiorato dall’idea che la morte incolpevole di un ragazzo per bene, di un eroe gentile e solitario, di un mite, fosse un lutto incolmabile per tutti.