Il cappellaio Gengaro faceva prezzi speciali. De Fazio, il presidente del Consiglio comunale del Capoluogo, prediligeva il panama. Di Nunno, invece, avrebbe preferito il cappuccio dell’impermeabile, ma i tempi gli imponevano almeno un Borsalino. Per quasi tutti gli assessori non c’era alcun dubbio: una coppola e via. Mariella Barra, in onore degli antichi ardori, oggi spenti, si era alla fine orientata per un basco. L’assessore al bilancio, De Vito, pretendeva un cappello a punta con la penna alpina, per distinguersi. Per il gruppo popolare, frutto misto, si era optato per copricapo di Arlecchino e Pulcinella, a fantasia. Solo la sinistra aveva scelto di camminare a testa alta e scoperta, ma in Consiglio non c’era. Così, armati di cappello, sindaco e consiglieri, sul punto di dichiarare bancarotta, si potevano dirigere davanti alle varie chiese della città, per cercare di elemosinare qualche lira per il bilancio comunale.