"La scuola, e che sara’?", si chiedeva De Vincentiis, il segretario provinciale della Cgil. Dai docenti venivano proteste dure, contro un concorso ritenuto infamante e miserabile. De Vincentiis sentiva e faceva spallucce. Per lui non era piu’ il tempo di correre in giro, per ascoltare dai muri delle scuole i palpiti e i fremiti di cio’ che accadeva nelle aule. Ora passava il tempo sul suo trespolo, a lisciarsi le ali, a levare la polvere dalle carte, a mettere firme, a ripetere a memoria, come un pappagallo, parole dette da altri. Sotto, nel mondo vivo e vero, i docenti si ribellavano contro le umiliazioni cui erano sottoposti da una congiura burocratico-sindacale. Tutte le scuole dell’Irpinia ribollivano di sdegno e di rabbia. Ma De Vincentiis non sentiva. Beccava il mangime, contava i pochi bollini delle sue tessere e soprattutto, ritto sul treppiede, dormiva.