Era il tempo delle bende e dei termometri. Il Comune capoluogo sembrava un ospedale da campo. Tutti si affannavano con brodini o supposte avvelenate intorno al capezzale di Di Nunno, nella speranza o che tornasse presto o che si ritirasse a vita privata. Apparivano ogni giorno candidati per tutte le cariche. Ogni mattina, al cimitero, era un fremito nelle tombe, uno scricchiolio di ossa. "Se può farcela Adiglietti, posso farcela anch’io!", pensavano gli scheletri, allontanando i vermi. Altri invece facevano corsi accelerati di grammatica, per concorrere all’assessorato alla cultura. Cacciati Anzalone e la Cipriano, costretto Picone a lasciare, tra i DS era una corsa agli abbecedari, per dimostrare di saper almeno leggere e scrivere. Erano resse nelle cartolerie per zaini e taccuini alla moda. Il più votato, tra i notabili del partito, era il diario ’Di Nunnix’, con la scritta: "Totò, sciegli a me, che sono il più migliore assai!".