Anzalone si osservava con uno specchio allo specchio. Cercava di vedere, con i suoi occhi, il segno del calcio sul posteriore. Doveva essere appena affianco all’altro, dell’anno prima, del quale la cicatrice non andava più via. Era stato un dolore improvviso, una fitta alla colarda, alla lettura dell’elogio di Di Nunno a Maccanico. Il sindaco era un privilegiato, aveva le visioni: era l’unico a vedere il ministro fantasma e ne chiedeva la ricandidatura, nel collegio cittadino. " E’ il mio santo in paradiso!", giurava agli scettici e distribuiva figurine di Maccanico con l’aureola di beato finanziatore di opere pubbliche. Così era stata la rivoluzione dei sindaci, un cambio di santi. "Povero fondoschiena mio!", pensava Anzalone, che vedeva così sfuggire il suo collegio. E muoveva lo specchio sotto e sopra, con i pantaloni abbassati, per individuare il segno della nuova pedata..