Gli industriali si dividevano. Venivano da un mondo incantato, nel quale, spesso, non era servito pensare, decidere, rischiare, provare. Nell’ epoca del principe azzurro, nell’ età della casa unica, i piu’ erano vissuti di riflessi e di attese. Ogni tanto una provvidenza, ogni tanto una spinta, era bastata. Ora quel tempo era finito, ora bisognava fare da soli. Patti territoriali, contratti d’area erano i nuovi strumenti per andare avanti, per uscire dal buio. C’era un tessuto da cui si poteva partire, c’erano mille progetti da costruire. Ma la penombra era scura, il passaggio alla luce faceva tremare i polsi. Si trattava di emergere dalla preistoria industriale, e di entrare nella storia. Chi sarebbe stato il traghettatore? Vietri, Petitto, Mastroberardino? Chi di loro sarebbe stato davvero uomo del nuovo secolo, e chi invece avrebbe fatto finta di guardare avanti, avendo ancora la testa nel passato? E tra cosa occorreva scegliere, tra industriali con proposte forti e coraggiose, o tra appendici della politica?