Ogni tanto, come un raffreddore o un mal di calli, riapparivano i Democratici. Quando erano apparsi all’ orizzonte, con il loro asinello, era sembrato che il mondo avrebbe cambiato verso di rotazione. " Rinnoviamo tutto, spacchiamo tutto!", avevano esclamato in coro. Poi si erano divisi in due, in quattro, in sedici, in trentadue, e ora, per ritrovarli, bisognava usare le pinzette per le ciglia. In citta’, a far finta di esistere, erano rimasti in tre gatti e mezzo. De Vito, il loro assessore, era gia’ entrato nel Guinnes dei primati, alla voce: sconosciutissimi. " De Vito, De Vito, questo nome gia’ l’ho sentito!", faceva lo stesso Di Nunno ogni mattina, perche’, dopo averlo nominato, se ne era subito dimenticato. D’ altronde che Di Nunno avesse memoria corta era noto. Dopo aver parlato di cupola a destra e a manca, ora sembrava che si fosse riferito alla cupola di San Pietro, e che per lui De Mita fosse meglio del Papa. Bisognava percio’ perdonargli tutto, anche la scelta di attorniarsi di una folla di anonimi.