Si era sentito un tonfo. Il principe Bassolino era caduto nel pozzo nero. Per mesi aveva promesso una crociata contro i turchi e pulizie nelle retrovie. Per mesi aveva giurato lotta senza tregua ai valvassori che si scannavano in periferia e guerra al loro capo. Per mesi era sembrato che stesse costruendo una scala di seta per arrivare alla luna. Ora, per le nomine nel feudo, era andato nei sottoscala, a raccogliere le rimanenze, aveva attinto a piene mani negli scarti delle botti, si era calato nei condotti intasati per scovare consulenti e responsabili dei vari enti. Erano spesso i soliti ferri vecchi ad essere risistemati a cavallo, i soliti amici degli amici, come il codice d’onore dell’anno mille richiedeva. Così anche i residui delle invasioni barbariche, gli uomini sulle liane che ancora giravano nella sinistra medioevale dell’Irpinia, potevano alzare la voce per protestare, nascondendo le squame sul petto e la coda arrotolata.