La contea era in rivolta. Il principe Bassolino non aveva concesso alla compagnia delle bande diessine di Irpilandia il feudo sanitario preteso a gran voce. Roberto il Ziccardo, il prediletto del cavaliere senza terra Michele Ambrosio dalla faccia nera, era rimasto all’asciutto, dopo innumerevoli stagioni di caccia grossa. Trionfava Luigino il breve, sostenuto dagli ecclesiastici, che aveva dimostrato di saperla lunga, sempre pronto ad accorrere al capezzale del popolo malato. Conosciuta la notizia, il fuoco era divampato per le contrade. Il ribelle Aurosecchio aveva letto, ai valvassori e ai valvassini rossi che stazionavano per il palazzo in attesa di investiture e di anelli, l’editto di sedizione. Rozzo e ruspante era stato l’appello per sconfiggere i presunti usurpatori. Due erano i nemici: il sovrano di Napoli e il viceré Ciriaco da Nusco. Nelle stalle, intanto, i cavalli tremavano, consapevoli delle prossime mazzate.