La luna era diventata rossa. " Miracolo!", aveva dichiarato il conte vescovo D’Ambrosio, che subito l’aveva interpretata come un presagio del destino. "Questa contea sarà vostra!" , aveva allora detto ai suoi sudditi diessini, che si erano sparsi per le campagne e i borghi di Avellino per osservare meglio il fenomeno e conoscere i nuovi possedimenti. Erano arrivati a piedi, su carri o a bordo di asini, sorvegliati per simpatia dal fido Adiglietti. Nell’attesa dell’eclisse, avevano preso misure, posto paletti, scopato negli angoli. Invano il tenutario del collegio, il cavaliere inesistente Maccanico, protestava, piangeva e si lamentava con il conte zio Mancino. D’Ambrosio era irremovibile. E mentre la luna diventava sempre più rossa, sino a sparire, già il conte vescovo costruiva mura e metteva cartelli, sui quali era disegnata la faccia del nuovo feudatario, simile alla sua come due gocce.