DON ENRICO, UNA SCINTILLA NEL
QUARTIERE DI VALLE
Fu solo un attimo. Gli occhi
cercarono il viso della madre, che piangeva muta al balcone, poi si spersero
nel cielo azzurro, mentre lĠamato cane abbaiava addolorato. Subito per Òil bagliore del cuoreÓ
prevalse, e il giovane si avvi al seminario. Erano stati anni difficili, per Enrico
Russo, oggi don Enrico, parroco di Valle. Durante lĠinfanzia serena a
Monteforte, dovĠ nato in un giorno dĠagosto del 1985 - Ò sono nato nel fuocoÓ cos ama dire -, una figura, quella di don
Antonio Testa, parroco del paese, aveva orientato i suoi passi, fino al giorno di
gioia della prima comunione. Fu lui che coltiv silenziosamente nellĠ anima del
bambino il seme della vocazione, cos come i genitori, Michele e Santa, lo
avevano educato a donare se stesso in tutto ci che faceva, con semplicit e
gratuit. E ancora risuona in Enrico lĠinvito del prete a guardare fisso il
tabernacolo: esperienza di cui
aveva subito inteso il senso, di ritrovarsi in un Altro, di sentirsi
amato. Fu allora che avvert per la prima volta Ò lo scintillio della
chiamataÓ.
Eppure il cammino per arrivare al
sacerdozio fu impervio. Dopo la prima comunione, per molti anni, lĠadolescenza e la prima
giovinezza erano state faticose e irrequiete: e addio chiesa, addio parrocchia.
Frequent il Liceo classico, si iscrisse a Chimica, visse amicizie sbagliate, cerc emozioni forti.
Fu un lungo periodo di tormento, di insofferenza. Quello scintillio non si era
perduto, ma aveva assunto la forma dellĠimpazienza. Si sentiva, insomma,
sbattuto di qua e di l, continuamente in preda al tormento, come gli ignavi
nel canto terzo dellĠInferno dantescoÒ ignudi e stimolati molto da mosconi e da vespe chĠeran
iviÓ. Solo lo studio della Chimica gli dava quellĠordine, quella pace e quella
chiarezza che cercava invano nella vita. Infine tutto cambi. Accadde apparentemente per caso. Era il
10 febbraio 2005, faceva freddo, quella mattina era furente perch i pullman avevano
scioperato, e addio esame allĠuniversit. Pass davanti alla chiesa del
Rosario, ancora imprecando, pens di entrarvi solo per riscaldarsi. In
quellĠistante cĠera lĠadorazione eucaristica. La chiamata Ò mi entr nel fuoco
delle ossaÓ, come dice il profeta Geremia. Fu allora che Óavvertii la presenza
di Dio, mi innamorai di LuiÓ: cadde a terra, e pianse lungamente.
Parole forti, che don Enrico pronunzia
con una gioia e un ardore che emozionano e turbano nel profondo chi le ascolta,
ateo o credente che sia. E la semplicit che da lui trabocca solo lĠabito con
cui riveste la sua seriet, la convinzione salda nei suoi principi. Il suo un candore che
cela la brace.
Fu Don Antonio, che non lo aveva mai
perso di vista, che gli chiese con franchezza se si volesse fare prete. E il
ragazzo libero e insofferente alle
regole, ma sensibile e coraggioso , annu. Il parroco era con lui, la mattina
dellĠaddio alla casa, agli affetti familiari, agli studi universitari. Il padre,
oggi felice di quella scelta, allora aveva provato ad opporsi, ma invano. Il
primo anno propedeutico, al seminario di Nola, fu durissimo. Pi volte Enrico ebbe
voglia di fuggire, lo fece, ritorn. Poi venne il quinquennio a Napoli, nel convento dei Gesuiti a
Posillipo. Parecchi compagni si persero lungo il
cammino. Dei 25 ragazzi di tutta la Campania che avevano iniziato il percorso,
solo 9 lo conclusero. E lui tra loro, proprio lui che pensava che mai ce lĠavrebbe
fatta. Eppure Òil fuocoÓ lo trascin e invano prov a contenerlo. Non perse mai
la strada, coltiv lo studio, la cultura, le cose belle, con la guida di unĠaltra
grande figura spirituale, quella del rettore, padre Vittorio Liberti. Alla fine era un
altro uomo. Aveva ricevuto dai gesuiti, sottolinea con slancio, lĠeducazione alla libert, la
capacit di affrontare la vita Òcon distacco e insieme con coinvolgimentoÓ. Il
7 aprile del 2013, quando il vescovo Francesco Marino lo consacr sacerdote, Don
Enrico era un uomo innamorato e felice. Il suo Òsposalizio con DioÓ –usa
questi termini dĠamore con audacia e leggerezza- fu per lui bellissimo. E ancora ricorda la sera del primo giorno
di Òluna di mieleÓ, quando continuava a guardarsi con commozione le mani appena
unte, e ripeteva a se stesso di non meritare tanto. Dopo pochi mesi, ad ottobre,
accett la proposta del vescovo di guidare la parrocchia di Valle, il cui
discusso parroco precedente, Don Luigi, si era dimesso. Arriv senza rumore,
quasi di nascosto. Trov un insieme di fedeli diviso, logorato da ostilit e
rancori, di cui subito avvert lĠeco su di s. Scopr un quartiere grande e variegato, costituito
da ceti diversi che spesso si ignoravano: dai cittadini dei luoghi pi
emarginati, ai ceti piccolo e medio borghesi dei nuovi insediamenti, spesso
ridotti a dormitorio, agli abitanti del vecchio isolato centro storico. Ma non si scoraggi, mai. Si apr
allĠascolto, cerc di ricostruire lĠunit tra le persone, diede loro autonomia,
punt tutto sulla capacit di incontro. E guard ai giovani: riavvi lĠoratorio,
rilanci lĠAzione Cattolica e gli scout. I primi risultati arrivarono, il clima
cambi. Oggi, dopo neppure tre anni, la parrocchia una realt rinnovata,
anche se restano molti nodi
irrisolti, sociali ed etici. Forte ancora il disinteresse degli altri, la
chiusura su di s: peccati mortali, sottolinea don Enrico ogni domenica, nella
sua predica coraggiosa e spiazzante, nel centro Caritas e nella chiesa
dellĠAssunta, in cui incita i fedeli ad aprirsi allĠorizzonte di nuove
relazioni, allĠaccoglienza di chi vicino e dei lontani, secondo le parole di
papa Francesco. In coerenza con quanto dichiara, immerso costantemente nei
problemi della sua comunit, come lo era stato un altro parroco di Valle, don
Luciano Gubitosa, ora alla chiesa di san Ciro. Sin dallĠinizio, senza far rumore, si posto al fianco delle tante famiglie che hanno
difficolta economiche, degli anziani soli e dimenticati, delle coppie in crisi,
dei ragazzi distratti e indifferenti a tutto, ripiegati in un vuoto digitale. Intanto
legge, studia, progetta nuovi orizzonti educativi ed etici per Valle. Ha da
poco scongiurato la chiusura della scuola elementare della frazione, trovando ascolto
nelle autorit preposte, grazie a un gruppo di genitori che hanno accettato la
sfida di iscrivere i figli alla prima classe. Nei prossimi mesi vuole fare
della cultura uno strumento di crescita comunitaria. Ora il giovane don Enrico si
sente accolto, circondato dallĠ affetto dei suoi fedeli. Sa bene che lo sforzo
di far diventare la parrocchia uno stabile punto di unit, in un quartiere in
cui mancano altri luoghi di aggregazione, appena agli inizi. EĠ consapevole che
chi amministra spesso lontano, assente, indifferente alle periferie. Ma non
si avvilisce.Ò Tu mi hai voluto, Tu mi aiuteraiÓ la frase che ripete con
insistenza, nel tempo del suo personale ritrovo con Dio. E con il consueto instancabile fervore, con
la mitezza che ancora veste il fuoco dellĠanima, ribadisce a tutti che la Chiesa
non pu vivere che dentro la verit, dentro la citt. Perci, non basta la
preghiera, ma occorre anche sporcarsi le mani, agire quotidianamente per gli
altri e con gli altri. Qualcuno bussa, alla porta sempre aperta della
sacrestia. Bisogna andare, ascoltare, mettersi in gioco, perch la realt
sacra.