Il ragazzo osservava. Forse lĠattenzione alla bellezza lĠ aveva ereditata dal nonno con il suo stesso nome, Antonio Della Sala, il vecchio giardiniere di Villa Amendola e dellĠantico orto botanico cittadino. O dalla sua famiglia, tutta di fiorai. I genitori Raffaele e Amalia Raimo, e due fratelli di lei, avevano cominciato insieme quel mestiere antico e faticoso, da garzoni, in un negozietto di uno zio allĠinizio del Corso. Per la scuola non cĠera tempo, appena le classi elementari, il lavoro assorbiva tutto. Poi, da adulti, si erano distribuiti lungo la strada principale, in tre distinti negozi sparsi tra lĠinizio e la fine. Quello dei suoi era al centro, di fronte allĠuscita di via Dante, nellĠumido cortile interno del palazzo. L“ avevano casa e bottega, e fredde cantine di tufo, per conservare la merce delicata. Il piccolo, figlio unico, scrutava il loro lavoro: il darsi da fare senza soste del padre, la sua velocitˆ di esecuzione, la precisione; e insieme lĠ abilitˆ e la delicatezza della madre, capace con i pochi semplici fiori disponibili di creare in un istante mirabili composizioni . Il padre sognava che il ragazzo continuasse la sua strada, ma non gli aveva mai imposto nulla, neppure gliene aveva parlato. Il passaggio di testimone tra capofamiglia ed erede doveva avvenire quasi per gioco. Cos“ il bambino si divertiva a ricomporre i cestini di stecchini di legno che arrivavano colmi di fiori da Sanremo; o provava ad esercitarsi, sotto lo sguardo vigile dellĠadulto, con lĠaffilato coltellino per gli innesti. Qualche volta, spinto dalla curiositˆ, si avventurava nel freddo della cantina di tufo familiare, e scopriva con stupore che in quelle condizioni i garofani decuplicavano la loro vita. Intanto per i fiorai Della Sala e Raimo la vera e lucrosa fonte di reddito negli anni Ô50 erano le corone per i funerali. La domanda floreale locale era scarsa e modesta, i prodotti sul mercato pochi e semplici, gladioli, garofani, e le decorazioni per matrimoni ridotte allĠessenziale. Invece lĠattivitˆ funeraria, di cui avevano il monopolio, copriva tutta lĠIrpinia. Era un tempo di agiatezza e di fatica: per soddisfare le richieste ben due famiglie lavoravano con loro, nellĠumido cortile al Corso. Antonio, nel frattempo, cresceva e si allontanava lentamente da quel luogo. Prima intraprese gli studi allĠIstituto Agrario, poi alla facoltˆ di Agraria di Portici. Altre passioni, altri interessi lo muovevano, erano gli anni della contestazione giovanile. Alla fine ai fiori neppure ci pensava pi , nŽ aveva imparato gran che del mestiere dei suoi. E gli sembrava, ma non lo disse mai, che anche i suoi genitori fossero un poco fuori del tempo, come gli sembrava ferma la sua cittˆ.

Cambi˜ tutto a un passo dalla laurea: la sua vita, il suo futuro, la sua cittˆ. Fu la morte della madre Amalia, nel 1975, il motivo scatenante, insieme alla tristezza senza fine che avvolse il padre, che si trov˜ di un tratto solo. Fu allora che Antonio, senza esitare, e senza che lĠaltro glielo avesse chiesto, si butt˜ nellĠattivitˆ familiare anima e corpo, e il genitore di nuovo si illumin˜. Fu allora che cap“ che gli studi gli avevano aperto un altro mondo, un altro punto di vista, mentale e commerciale, anche verso quello che sembrava un lavoro immobile e sempre uguale a se stesso. Subito partecip˜ direttamente ai mercati floreali , divent˜ scaltro nella fase pi importante, quella di acquisto, poi gradualmente abbandon˜ il settore funerario, non solo perchŽ lĠantica esclusivitˆ era perduta, ma perchŽ si convinse che erano solo i titolari delle agenzie di pompe funebri a ricavare il massimo tornaconto, e a loro restavano gli scarti. Cap“, soprattutto, che era la cittˆ che cambiava, che cominciava ad affermarsi un nuovo gusto, un nuovo punto di vista, una nuova disponibilitˆ economica anche per i consumi, segno che il capoluogo voleva svolgere sul serio il suo nuovo ruolo di centro edilizio e amministrativo. Furono lunghe e serene le discussioni con il capofamiglia, per fargli intendere che bisognava avviare insieme un nuovo percorso, aprirsi a una nuova domanda, addirittura anticiparla. Il genitore accett˜, prima a fatica, poi, quando i risultati cominciarono ad arrivare, con maggiore convinzione e entusiasmo. Non resse, per˜, alla catastrofe del 23 novembre Ô80, alla notizia che la sua casa e la sua bottega erano state dichiarate inagibili. Si convinse che era la fine, che non se ne sarebbe pi uscito, lo riavvolse il dolore della perdita di Amalia, e sette giorni dopo il suo corpo stanco cedette di schianto con un ictus.

Antonio no, non cedette. Si lanci˜, anzi, nel tempo che arrivava. Fu il primo ad aprire, vicino alla villa comunale, un prefabbricato di sua invenzione, tutto vetri e alluminio, con ampie finestre e due condizionatori allĠinterno, per riprendere subito il suo lavoro. Cap“ che oltre la catastrofe, la ricostruzione avrebbe cambiato il volto della cittˆ, messo soldi in circolo, aperto altre prospettive al suo mestiere. Una febbrile borghesia, salita alla ribalta con il denaro pubblico, esprimeva una nuova domanda, anche per lĠ arredamento floreale dei luoghi in cui viveva e in cui si incontrava, per il loro abbellimento. Antonio da allora si mosse in un terreno al confine tra il fioraio, lĠarchitetto, il creativo puro. Non fu mai un esecutore dĠordine, il suo spirito libero glielo impediva. Ma ogni volta, dalle sue mani, uscirono meraviglie decorative, che avevano nellĠ equilibrio dei materiali ornamentali usati il loro segreto. Cos“  stato, cos“ continua ad essere oggi, anche se ormai il tempo della cittˆ  scaduto. Che sia una casa o una chiesa, non sopporta le sfarzositˆ pacchiane e le cafonaggini tipiche di questo periodo: unĠaltra idea della bellezza lo ispira. La sua vera regola  la ricerca dellĠ armonia tra le inflorescenze che utilizza e lĠambiente in cui opera. Immagina ed agisce rifiutando ogni imitazione, cercando di cogliere il respiro del luogo, in modo da dare risalto ad ogni dettaglio. Oggi il materiale disponibile  vario, sterminato, dai nomi affascinanti e misteriosi: Astilbe, pitospero variegato, eucalipto, nocciolo contorto, e Antonio, con il suo fidato assistente Italo, con lui da decenni, usa ci˜ che serve con maestria, ottenendo mirabili risultati. In fondo, per˜, ancora continua a sognare, con tenerezza e gratitudine, le mani materne, che facevano nascere dĠincanto bouquets di semplici camelie e tuberose, o di profumati mughetti appena colti nel giardino del dottore Fioretti, alle spalle del Corso: insuperabili composizioni, fatte con il nulla.